Un nuovissimo studio ha identificato un meccanismo attraverso cui i linfociti T CD8 possono contribuire all’ipertensione. Ecco cosa c’è da sapere
Un nuovo passo avanti nella ricerca sul legame tra sistema immunitario e ipertensione arriva dall’Unità di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli. Uno studio pubblicato su Nature Communications ha individuato un meccanismo chiave: i linfociti T CD8, guidati dall’enzima intracellulare PI3Kγ, si attivano e migrano verso organi come reni e vasi sanguigni, dove scatenano una risposta infiammatoria che può compromettere la regolazione della pressione arteriosa.
Grazie a modelli animali, i ricercatori hanno dimostrato che l’attivazione persistente dell’enzima PI3Kγ può indurre ipertensione anche in assenza dei classici fattori di rischio. Le cellule T CD8, una volta attivate, migrano dalla milza ai tessuti periferici, entrando in contatto diretto con le pareti arteriose. Questo ‘dialogo’ tra sistema immunitario e cardiovascolare provoca un irrigidimento dei vasi e compromette la regolazione della pressione.
“La nostra ricerca – dice Daniela Carnevale, professore ordinario dell’Università Sapienza di Roma, presso l’I.R.C.C.S. Neuromed – ha mostrato che l’attivazione di PI3Kγ in queste cellule è sufficiente a innescare una catena di eventi: le cellule si attivano anche senza stimoli esterni, si spostano nei tessuti periferici e contribuiscono a modificare la reattività dei vasi, aumentando il rischio di danno d’organo”.
“Questi risultati – commenta Giuseppe Lembo, professore ordinario dell’Università Sapienza di Roma, presso l’I.R.C.C.S. Neuromed – gettano una nuova luce sul ruolo dell’immunità nella regolazione della pressione arteriosa, indicandoci una possibile strada per proteggere i tessuti bersaglio dell’ipertensione, in particolare i reni, intervenendo farmacologicamente sul segnale PI3Kγ o sulla molecola RANTES prodotta dai linfociti”.
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