Nuovo studio rivela come, inaspettatamente, due biomarcatori considerati specifici per l’Alzheimer risultino incrementati anche nella Sla. Si tratta di una scoperta potenzialmente rivoluzionaria
A cura di Davide Pezza
Un nuovo studio pubblicato su Nature Communications aggiunge nuove evidenze al crescente corpo di ricerca che dimostra come le patologie neurodegenerative condividano comuni meccanismi patogenetici e biomarcatori. In collaborazione con diversi centri di ricerca in Germania, gli scienziati dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e del “Centro Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano hanno dato un contributo significativo a questa scoperta, rivelando che due biomarcatori ematici considerati finora specifici per la Malattia di Alzheimer (p-tau 181 e p-tau 217) risultano sorprendentemente elevati anche nei pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).
“Lo studio – spiega la Prof.ssa Antonia Ratti, genetista – rappresenta l’espressione di un’ampia collaborazione che perdura da anni con diverse istituzioni tedesche e sottolinea la necessità e la importanza di collezionare biomarcatori nella patologia neurodegenerativa in Istituto con sviluppo delle più avanzate tecnologie per la possibilità di acquisire inattese nuove informazioni. Lo sforzo ad acquisire una moderna tecnologia è così premiato”.
“La scoperta ancor più rilevante del lavoro – aggiunge il Prof. Vincenzo Silani, neurologo – risiede nella identificazione dell’origine dei due biomarcatori rilevati nel sangue potenzialmente dal muscolo scheletrico dei pazienti affetti da SLA. Lo studio del muscolo diviene critico in futuro per la SLA ma anche per la Malattia di Alzheimer”.
“Una scoperta densa di apparenti contraddizioni ma anche di nuove prospettive”
“Le p-tau diventano inaspettatamente – riferisce il Prof. Nicola Ticozzi, neurologo – biomarcatori non solo della Malattia di Alzheimer ma anche della SLA: una scoperta densa di apparenti contraddizioni ma anche di nuove prospettive con impatto sulla diagnosi di patologie con cui regolarmente ci cimentiamo in Istituto”.
“La lunga collaborazione iniziata molti anni fa con istituzioni tedesche – conclude il Dott. Federico Verde, neurologo – trova in questo lavoro collaborativo espressione elevatissima: lo sforzo negli anni e lo sviluppo di tecnologie atte a rilevare biomarcatori di neurodegenerazione in laboratorio ha posto le basi per questa scoperta che rende la neurodegenerazione processo condiviso tra diverse malattie con meccanismi comuni che vedono però prevalere apparentemente una singola espressione clinica”.
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