Grazie all’Intelligenza Artificiale è possibile ottenere una diagnosi di infarto in soli 37 secondi, riducendo notevolmente il tasso di mortalità. A delineare questa fantastica prospettiva è un maxi-studio pubblicato su Nature Medicine
Ridurre di un terzo la mortalità in pazienti ad alto rischio grazie anche alla possibilità di ottenere una diagnosi di infarto in soli 37 secondi. Il tutto grazie all’Intelligenza Artificiale, che si conferma un alleato cruciale per i cardiologi nella gestione dei pazienti. Un nuovo maxi-studio, condotto su quasi 16.000 pazienti e pubblicato su Nature Medicine, ha rivelato che combinare l’IA con l’elettrocardiogramma permette di identificare con precisione i casi a rischio di esito fatale, riducendo la mortalità a 3 mesi del 31%.
“L’impiego dell’IA nella valutazione degli Ecg è molto promettente anche per migliorare la diagnosi precoce dell’infarto: uno studio su 362 pazienti sottoposti a Ecg prima dell’arrivo in ospedale ha dimostrato un’accuratezza del 99% nell’identificare i casi più seri, con tempi di valutazione medi di appena 37 secondi, circa 4 volte inferiori a quelli inferiori a quelli di un medico in carne e ossa, che hanno accorciato ad appena 18 minuti l’intervallo fra l’arrivo in clinica e la procedura di rivascolarizzazione – osserva Ciro Indolfi, past-president della Società Italiana di Cardiologia (SIC).
“L’IA – prosegue l’esperto – si è rivelata efficiente nella valutazione degli esami Holter o per il telemonitoraggio di pazienti con defibrillatori impiantabili. Anche l’analisi delle ecocardiografie, delle risonanze magnetiche e delle Tac può essere resa più precisa grazie all’Ia, per la diagnosi di cardiomiopatie o di disfunzioni valvolari o anche per la quantificazione della stenosi coronarica attraverso la valutazione delle angiografie, che ha dimostrato un’accuratezza superiore al 98% nell’identificare trombi e calcificazioni. Tuttavia – avverte Indolfi – esistono criticità di cui tenere conto utilizzando l’IA, non solo perché sono necessarie più ampie ricerche per validarne le potenzialità e gli usi nella pratica clinica, ma soprattutto per gli aspetti etici e normativi su cui è necessario riflettere”.
In molti casi, infatti, gli algoritmi prendono decisioni sulla base di calcoli molto complessi per l’uomo, rendendo quindi difficile riconoscere eventuali errori o bias.
“Inoltre – sottolinea l’esperto – è altrettanto fondamentale interrogarsi sulle modalità di introduzione dell’IA per definire bene di chi siano le responsabilità di scelte dettate dagli algoritmi: la Fda classifica i prodotti di IA software come dispositivi medici; il regolamento AI act dell’Unione Europea, invece, impone ai produttori specifici obblighi in merito agli usi, per esempio proibendo applicazioni di IA che potrebbero porre rischi troppo elevati e richiedendo requisiti stringenti per le applicazioni a rischio”.
Fonte: italiasalute.it.
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