Una psichiatra e un’infermiera sequestrate per 45 minuti, minacciate e aggredite in un centro fiorentino. Si tratta dell’ennesimo episodio di aggressione a personale sanitario
Sono state tenute in ostaggio per 45 interminabili minuti, minacciate da un uomo armato di coltello e cacciavite, e in possesso di una tanica che avrebbe potuto contenere benzina. Le vittime, una psichiatra e un’infermiera, hanno subito l’ultima di una lunga serie di aggressioni contro il personale sanitario. L’incidente è avvenuto lo scorso venerdì presso il nuovo ambulatorio del centro di Salute mentale di Montedomini a Firenze. Dopo le minacce, l’uomo se n’è andato improvvisamente. Tanta paura, ma fortunatamente l’episodio si è concluso senza gravi conseguenze. Tuttavia, la questione della violenza contro gli operatori sanitari rimane un problema irrisolto. Le società scientifiche e l’Ordine dei medici chiedono urgentemente misure di tutela per i professionisti della sanità.
Netta la posizione del presidente dell’Ordine dei medici di Firenze, Pietro Dattolo: “Le aggressioni verso tutto il personale sanitario non sono più sostenibili e richiedono un intervento protettivo urgente. Serve un altro omicidio per comprendere che dobbiamo fare qualcosa? A distanza di poco più di un anno dall’omicidio della psichiatra Barbara Capovani a Pisa, la storia ha rischiato di ripetersi“. Quella del Montedomini è soltanto una tra le migliaia di aggressioni che medici, infermieri, operatori socio-sanitari, assistenti sociali ed educatori subiscono ogni anno.
“Non è più ammissibile andare avanti così – prosegue Dattolo. Per contrastare questa pericolosa tendenza serve che le istituzioni supportino tutti i soggetti coinvolti in percorsi di sensibilizzazione e prevenzione, perchè non è possibile che il personale medico venga abbandonato di fronte a questi pericoli: il diritto alle cure e quello alla sicurezza non sono scindibili“.
Lanciano l’allarme anche la Società Italiana di Psichiatria (Sip) ed il Coordinamento Nazionale dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (Spdc). La percezione del rischio, afferma la Sip, “è profondamente peggiorata negli ultimi anni e rappresenta uno degli elementi di fuga degli operatori dal Servizio sanitario nazionale”.
Dati sempre più allarmanti
I numeri a livello nazionale sono noti: nel 2023 si sono verificate 16.000 aggressioni, di cui un terzo fisiche e due terzi verbali, con il 70% delle vittime rappresentate da operatrici attaccate da pazienti o loro parenti. Questi dati sono probabilmente sottostimati a causa delle poche denunce per i casi meno violenti, che non sono però meno gravi. La situazione è ancora più critica nel campo della salute mentale. Secondo i dati del sindacato Anaao-Assomed, la psichiatria è la branca della medicina più colpita, con il 34% degli operatori aggrediti, seguita dai Pronto soccorso con il 20%.
Una recente indagine del Spdc ha confermato questi dati: su 2600 professionisti della salute mentale, di cui 1400 psichiatri, il 49% ha subito violenze, che vanno dalla semplice spinta all’aggressione, durante il lavoro negli ultimi due anni (il 27% più di una volta). Inoltre, il 74% ha subito minacce verbali da parte di pazienti negli ultimi tre mesi (il 52% più di una volta) e il 57% degli psichiatri sente a rischio la propria incolumità sul lavoro. E c’è una netta prevalenza di vittime di genere femminile.
Tanta solidarietà ma nessun reale cambiamento
La violenza continua “nonostante – afferma la presidente Sip, Liliana Dell’Osso – la morte di Barbara Capovani. Sono seguiti messaggi di solidarietà, ma nessun cambiamento. La criticità della situazione è dunque nota. Non ci sono più scuse da parte dello Stato per non agire, se non l’indifferenza e il ritenere la morte o le lesioni agli operatori un rischio calcolato e accettato. Una prospettiva che non possiamo permettere, come psichiatri e esseri umani”.
“Vi sono almeno tre necessità da risolvere – aggiunge Emi Bondi, presidente Spdc -. La prima è adeguare il numero di posti letto per acuti che attualmente risulta insufficiente. La seconda è trovare una soluzione legislativa per coniugare il diritto alle cure adeguate per i soggetti autori di reato con patologia psichiatrica e la sicurezza degli operatori, e la terza è creare spazi di ricovero adeguati per pazienti sempre più giovani con problematiche nuove spesso connesse all’uso di sostanze. E pesano – aggiunge – vent’anni di mancati investimenti e di una progressiva riduzione del personale”.
Fonte: Ansa.it
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