La Società Europea di Cardiologia ha stabilito e reso pubbliche nuove linee guida per ridurre il rischio di infarto legato all’ipertensione
A cura di Antonio Arigliani
L’ipertensione arteriosa rappresenta uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, colpendo oltre il 60% degli adulti. Se non adeguatamente gestita, può portare a gravi conseguenze come infarto del miocardio, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, ictus e insufficienza renale. Per mitigare questo rischio, la Società Europea di Cardiologia (ESC) ha introdotto nuove linee guida che definiscono i parametri per avviare un trattamento, i valori ottimali da raggiungere durante la terapia, e le strategie farmacologiche più efficaci per il controllo della pressione arteriosa.
“Nelle patologie che beneficiano la prevenzione è determinante” – spiega Domenico Gabrielli, Direttore Cardiologia Ospedale San Camillo di Roma. “Una variazione importante rispetto alle precedenti linee guida è l’obiettivo del trattamento farmacologico che, da valori pressori inferiori a 140/90 mmHg indicati nella precedente edizione delle linee guida, è passato a valori sistolici compresi tra 120 e 129 mmHg, se tollerati dal paziente. Si tratta di un cambiamento importante – prosegue l’esperto – poiché finora era raccomandato un approccio in due fasi con un primo obiettivo di valori inferiori a 140/90 mmHg e, solo dopo aver raggiunto questo obiettivo, abbiamo preso in considerazione l’obiettivo di valori inferiori a 130/80 mmHg”.
“Questo cambiamento è dovuto alle prove che hanno dimostrato che i trattamenti che riducono in maniera più intensiva i valori pressori consentono di ottenere una maggiore riduzione del rischio di eventi cardiovascolari“ – spiega ancora Gabrielli.
Le nuove linee guida si focalizzano anche sul modificare lo stile di vita. “È raccomandata una restrizione nell’assunzione di alimenti contenenti zuccheri semplici, che globalmente non devono superare il 10% delle calorie totali introdotte quotidianamente” – spiega Stefania di Fusco, Dirigente medico presso la Cardiologia Clinica e Riabilitativa Ospedale San Filippo Neri. “Inoltre – aggiunge Fusco – in soggetti ipertesi e senza malattie renali, suggeriscono un’alimentazione povera di sodio, assumendo in totale non più di un cucchiaio di sale al giorno”.
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