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Scoperta mutazione che può provocare morte improvvisa

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Identificata nuova mutazione nel gene LMNA, associata ad una forma grave di cardiomiopatia. I risultati dello studio sono stati pubblicati oggi sulla rivista scientifica Journal of the American College of Cardiology Advances (JACC): Heart Failure

Sono stati pubblicati oggi su JACC: Heart Failure, rivista scientifica del Journal of the American College of Cardiology Advances, i risultati di una ricerca dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Lo studio ha individuato una nuova mutazione del gene LMNA, responsabile di una forma severa di cardiomiopatia, associata anche a manifestazioni neuromuscolari più lievi ma clinicamente significative.

La scoperta è il risultato di uno screening genetico-clinico condotto grazie alla sinergia tra neurologi, cardiologi e genetisti, che ha coinvolto 234 individui appartenenti allo stesso albero genealogico di Caposele, un piccolo centro in provincia di Avellino. L’indagine ha permesso di identificare 30 portatori della nuova mutazione, pari al 12,8% del campione analizzato. Tutti i soggetti portatori presentano alterazioni a carico del cuore – spesso silenti e mai diagnosticate – mentre circa il 43% mostra segni di interessamento neuromuscolare. In alcuni casi, l’individuazione precoce ha reso possibile interventi salvavita, come l’impianto di defibrillatori o l’inserimento in lista per il trapianto cardiaco.

La campagna di screening è iniziata nel 2022 e si è conclusa nel giugno 2024, godendo della straordinaria partecipazione della comunità civile e medica locale. Il progetto è stato realizzato grazie all’impegno di sette specialisti del San Raffaele guidati dal dottor Simone Sala, cardiologo e aritmologo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, in collaborazione con il professor Stefano Previtali, neurologo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e associato all’Università Vita-Salute San Raffaele e con la professoressa Chiara Di Resta, docente presso la Facoltà di Medicina dell’Università Vita-Salute San Raffaele e ricercatrice dell’Unità di Genomica per la diagnosi delle patologie umane dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

Le lamine sono proteine fondamentali per la struttura e la stabilità del nucleo delle cellule: esse formano lo “scheletro interno” del nucleo, che protegge il materiale genetico e ne regola molte funzioni. Le mutazioni a carico del gene LMNA, che fornisce le istruzioni per produrre le lamine, sono di vari tipi e danno luogo a una famiglia di malattie denominate laminopatie. Queste patologie si manifestano con sintomi e segni molto eterogenei, che comprendono anomalie cardiache – dovute a un progressivo deterioramento della funzione del cuore – e neuromuscolari.

Alcune di queste mutazioni sono anche responsabili di malattie rare e gravi, come la sindrome di progeria di Hutchinson-Gilford, che provoca invecchiamento precoce già in età pediatrica e ha ricevuto particolare attenzione in Italia grazie all’impegno divulgativo di Sammy Basso, giovane ricercatore affetto da questa patologia. Oltre alla progeria, le laminopatie comprendono anche cardiomiopatie familiari, distrofie muscolari e altre forme neuromuscolari complesse.

“La nuova mutazione del gene LMNA, identificata nel nostro studio, consiste nella delezione di una singola base del DNA, che può portare alla sintesi di una proteina non funzionale”spiega la professoressa Chiara Di Resta, che continua: “Questo provoca una fragilità strutturale delle cellule, che nel tempo può tradursi in una cardiomiopatia dilatativa: il cuore si dilata, perde forza nella contrazione con relativa alterazione del sistema di conduzione elettrico”.

“In tutti i portatori della nuova mutazione da noi identificataspiega il Dott. Simone Salaabbiamo in effetti osservato un coinvolgimento cardiaco le cui manifestazioni iniziali possono essere lievi e sottostimate, con il rischio però di un peggioramento repentino. Queste alterazioni cardiache infatti possono comprendere disturbi nel modo in cui il cuore trasmette gli impulsi elettrici, senza causare iniziali sintomi evidenti ma instaurando poi una vera e propria aritmia cardiaca severa”.

“La nuova mutazione, pur risultando principalmente in malfunzionamenti cardiaci, determina anche un coinvolgimento neuromuscolare in circa il 40% dei portatori. Le manifestazioni includono debolezza muscolare e difficoltà motorie, che possono variare in gravità e insorgenza” – ha aggiunto il Prof. Stefano Vitali.

Per ottimizzare la selezione e la valutazione dei portatori della mutazione LMNA, il team di esperti ha inoltre impiegato un algoritmo di intelligenza artificiale che ha permesso di predire lo stato genetico dei partecipanti a partire da dati biometrici, elettrocardiogramma ed ecocardiografie, raggiungendo fino al 90% di accuratezza nella predizione. Questo approccio innovativo ha migliorato l’efficacia dello screening e la gestione personalizzata dei pazienti, supportando la diagnosi precoce e le decisioni cliniche in un contesto di isolamento genetico unico come quello di Caposele. La risposta della comunità è stata straordinaria: oltre il 90% delle persone rintracciate ha aderito volontariamente, contribuendo a realizzare uno degli screening genetici più estesi mai effettuati in un contesto di isolamento geografico in Sud Italia.

“In un’epoca in cui la ricerca sembra appannaggio esclusivo dei laboratori, l’esperienza di Caposele ribalta la prospettiva: qui la scienza è nata dalla popolazione, grazie alla grande determinazione e collaborazione di una comunità intera – concludono i dottori Sala, Previtali e Di Resta. “È stato l’incredibile lavoro di ‘memoria collettiva’ dei Caposelesi a fornire la base per il tracciamento genetico. Famiglie intere si sono riunite per sottoporsi ai test, confrontarsi con i medici, comprendere rischi e opportunità di questa indagine. Questo modello di citizen sciencein cui cittadini, clinici e ricercatori collaborano alla pari – ha dimostrato che la conoscenza, quando condivisa, può generare un impatto reale. Il contributo della comunità non è stato solo logistico o numerico, ma profondamente umano: ha reso possibile un nuovo modo di fare medicina, fondato sulla fiducia, sull’identità e sulla memoria di un territorio– concludono gli esperti.

Fonte.

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