Un metodo mai utilizzato prima: espiantare il fegato dei pazienti con malattie metaboliche e mantenerlo artificialmente in vita grazie all’uso di apposite macchine per la perfusione extracorporea
Il fegato espiantato da pazienti affetti da malattie metaboliche viene mantenuto artificialmente in vita grazie a macchine per la perfusione extracorporea appositamente progettate. Questo approccio, mai sperimentato prima, offre un modello rivoluzionario per studiare i meccanismi patogenetici alla base di queste patologie. Grazie a questa piattaforma sperimentale sarà possibile testare nuove terapie con maggiore precisione e, in prospettiva, rigenerare fegati malati prima del trapianto o farli sviluppare fino a dimensioni adeguate a pazienti di corporatura differente.
L’innovativo metodo è stato messo a punto e testato da medici e ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù guidati dal dottor Marco Spada, responsabile di Chirurgia epato-bilio-pancreatica e dei trapianti di fegato-rene, e dal dottor Carlo Dionisi Vici, responsabile di Malattie metaboliche ed epatologia. La sperimentazione ha dimostrato che i fegati espiantati e tenuti in vita artificialmente mantengono inalterate funzionalità e caratteristiche patologiche. Lo studio è visibile sulla rivista Journal of Inherited Metabolic Disease.
Le malattie metaboliche sono malattie rare causate da difetti genetici che alterano le vie biochimiche responsabili della metabolizzazione di carboidrati, proteine e lipidi, fondamentali per il funzionamento cellulare, la produzione di energia e il mantenimento dell’omeostasi degli organi. Complessivamente comprendono oltre 1.500 patologie distinte, la cui diagnosi si basa su test biochimici e indagini genetiche mirate. In Italia lo screening neonatale obbligatorio consente di individuare precocemente più di 40 malattie metaboliche potenzialmente trattabili mediante terapie dietetiche, farmacologiche o, nei casi più gravi, trapianto d’organo. Si stima che ogni 500 neonati uno sia affetto da una forma ereditaria di malattia metabolica: tra le più frequenti figurano la fenilchetonuria, la malattia di Gaucher e i difetti del ciclo dell’urea.
Il fegato svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo umano, occupandosi della sintesi di proteine plasmatiche, della detossificazione di sostanze tossiche e della regolazione dei nutrienti essenziali. Nei pazienti con malattie metaboliche, il trapianto di fegato – talvolta associato al trapianto renale – rappresenta una soluzione terapeutica in grado di ripristinare le funzioni enzimatiche carenti.
Tra i centri di riferimento internazionali spicca l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che dal 2008 ha eseguito quasi 400 trapianti epatici, di cui circa 90 destinati a malattie metaboliche. Oggi queste patologie costituiscono circa il 30% dei trapianti di fegato realizzati nella struttura pediatrica. I risultati clinici parlano da soli: la sopravvivenza perioperatoria si attesta al 100%, mentre quella a lungo termine per i pazienti metabolici raggiunge il 96–97%. Oltre a garantire un’eccellente sopravvivenza, l’intervento mira a migliorare in modo significativo la qualità di vita dopo il trapianto, permettendo ai piccoli pazienti di affrontare il futuro con maggiore serenità.
“Studi da noi pubblicati dimostrano che i pazienti sottoposti a trapianto non solo vedono risolti molti dei problemi legati alla loro patologia, ma dimostrano anche un significativo miglioramento dello sviluppo intellettivo e una riduzione del carico della malattia” – racconta Spada. “Abbiamo applicato tecniche avanzate di neuroimaging per misurare lo spessore della corteccia cerebrale e abbiamo riscontrato un aumento dopo il trapianto” – continua Dionisi Vici. “Ciò dimostra che, riducendo la tossicità della malattia metabolica, il cervello ha la possibilità di svilupparsi in maniera ottimale”.
Lo studio condotto da medici e ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha interessato sette fegati espiantati da pazienti con disturbi del ciclo dell’urea e acidemie organiche, tutti candidati a trapianto epatico. Gli organi sono stati mantenuti vitali ex vivo tramite perfusione extracorporea normotermica: la macchina ha fornito ossigeno e un pool ematico composto da globuli rossi umani, plasma fresco congelato, soluzione salina tamponata, albumina, nutrienti essenziali, antibiotici, eparina ed elettroliti. Nel corso della perfusione sono stati costantemente monitorati parametri emodinamici (flussi e pressioni), metabolici (livelli di lattato e glucosio), produzione biliare e profili biochimico‑ematologici.
I risultati hanno dimostrato che i fegati perfusi conservano la vitalità cellulare, le funzioni enzimatiche e i profili metabolici caratteristici della patologia di origine. Questo modello ex vivo si è rivelato estremamente prezioso per valutare nuovi approcci terapeutici in un ambiente “fisiologico”, perfettamente sovrapponibile alle condizioni biologiche umane.
“Fino ad oggi, l’unica alternativa era rappresentata da modelli animali o sistemi cellulari che non ricostruiscono la complessità dell’intero organo – spiega il dottor Spada. Il nostro modello colma questa lacuna, consentendo di valutare con maggiore precisione l’efficacia e la sicurezza delle terapie prima della sperimentazione clinica”.
“Grazie a questo approccio – aggiunge il dottor Dionisi Vici – possiamo comprendere meglio le malattie metaboliche e testare nuovi farmaci mirati alla cura di queste malattie. Il concetto di compartimentalizzazione metabolica diventa fondamentale: ogni organo ha un ruolo specifico e il fegato è un target cruciale per molte terapie innovative“.
Attualmente, il fegato può essere mantenuto in vita fino a una settimana grazie ai progressi nella perfusione extracorporea. L’obiettivo del metodo messo a punto dal Bambino Gesù è anche quello di ottimizzare ulteriormente il sistema, aggiungendo funzioni avanzate come la dialisi per prolungare la vitalità dell’organo.
“Nel nostro studio, ci siamo fermati dopo 72 ore poiché il modello aveva già dimostrato il suo funzionamento – spiega Spada – Tuttavia, il potenziale di sviluppo è ampio e potrebbe rivoluzionare non solo la ricerca sulle malattie metaboliche, ma anche il campo dei trapianti”.
Le applicazioni di questa tecnologia vanno oltre la ricerca nel campo delle malattie metaboliche. “In prospettiva, si potranno rigenerare porzioni di fegato per essere trapiantati, modificare le caratteristiche immunologiche degli organi per ridurre l’uso di farmaci immunosoppressori e persino curare fegati danneggiati da steatosi epatica per renderli idonei al trapianto. Le potenzialità sono enormi” – conclude Dionisi Vici.
Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.
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