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Nuova terapia genica elimina le metastasi al fegato

Tempo di lettura: 3 minuti

Elaborata nuova strategia di terapia genica in grado di ingegnerizzare in vivo alcune cellule immunitarie del fegato col fine di riattivarne le risposte immuni

Durante l’evoluzione del tumore, le cellule cancerose possono diffondersi ad altri organi, tra cui il fegato, generando metastasi epatiche. Queste manifestano una risposta limitata alle attuali terapie farmacologiche, inclusa l’immunoterapia più recente. La resistenza alle terapie farmacologiche nelle metastasi al fegato è connessa a una ridotta attivazione delle cellule immunitarie presenti in questo organo. Un team di ricercatori dell‘Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) ha sviluppato, attraverso modelli sperimentali, una nuova strategia di terapia genica. Questa tecnica mira a modificare in vivo alcune cellule immunitarie del fegato, specificamente i macrofagi epatici o cellule di Kupffer, con l’intento di riattivare le loro risposte immunitarie. I ricercatori sono stati in grado di prevenire la tossicità sistemica e di trasformare il microambiente tumorale da immunosoppressivo a attivante la risposta anti-tumorale. Ciò ha portato a un’inibizione della crescita delle metastasi.

I risultati di questa ricerca, resi noti attraverso la rinomata pubblicazione Cancer Cell, derivano da uno studio guidato dal professor Luigi Naldini, direttore del San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (SR-Tiget) e professore ordinario presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, insieme a Mario Leonardo Squadrito, responsabile del progetto nell’Unità di Terapia Genica Mirata per il Cancro. Thomas Kerzel e Giovanna Giacca, co-autori del lavoro, hanno contribuito significativamente durante il loro percorso di dottorato di ricerca. Questi dati costituiscono una pietra miliare fondamentale per lo sviluppo futuro di una strategia genica innovativa destinata ai pazienti affetti da metastasi epatiche. Il sostegno finanziario cruciale per questa ricerca è derivato principalmente dal programma “5 per mille” della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica.

Le premesse dello studio

La presenza di metastasi epatiche in tumori gastrointestinali, come il carcinoma del colon-retto e l’adenocarcinoma duttale del pancreas, costituisce un segno prognostico sfavorevole. Nonostante i notevoli progressi nei trattamenti farmacologici, inclusi gli approcci immunoterapeutici e quelli mirati al tumore, la resezione chirurgica rimane l’opzione terapeutica più efficace. Tuttavia, questa soluzione non è applicabile a tutti i pazienti e spesso produce solo successi parziali. L’aumentata incidenza di metastasi epatiche è in parte imputabile al microambiente tumorale immunosoppressivo di questo organo. Tale ambiente ostacola le risposte immunitarie protettive e, al contrario, attiva una serie di meccanismi favorevoli alla crescita tumorale.

“Da alcuni anni ci stiamo concentrando sull’utilizzo di tecniche di terapia genica anche in ambito oncologico, e questo studio è un nuovo esempio del nostro impegno. Il nostro obiettivo è rispondere al bisogno insoddisfatto di quei pazienti affetti da metastasi epatiche ormai inoperabili per cui a oggi non sono disponibili trattamenti curativi” – spiega il professor Luigi Naldini.

La struttura della nuova piattaforma

I ricercatori dell’Istituto San Raffaele hanno sviluppato una nuova piattaforma di terapia genica, basata su vettori lentivirali, che consente di modulare in modo selettivo i macrofagi presenti nel fegato. Questi macrofagi giocano un ruolo cruciale nella regolazione delle risposte immunitarie. Mentre da un lato contribuiscono alla difesa contro le infezioni, dall’altro, quando sono attratti nelle vicinanze di un tumore, possono invece sopprimere le altre cellule immunitarie e promuovere la crescita neoplastica.

“Con questa nuova piattaforma possiamo somministrare i vettori direttamente in vivo, con una singola infusione endovenosa, che raggiungono selettivamente i macrofagi del fegato e in particolare quelli attirati nelle metastasi – spiega Mario Leonardo Squadrito. I macrofagi modificati geneticamente rilasciano molecole immunostimolanti, in particolare interferone di tipo I (IFNalfa). IFNalfa ha un ruolo importante nel risvegliare il sistema di difesa del nostro corpo, stimolando i linfociti T (che riconoscono e uccidono le cellule tumorali).

“Con il nostro approccio possiamo riprogrammare il microambiente tumorale verso l’attivazione immunitaria. Tuttavia, abbiamo notato che alcuni meccanismi nel fegato (che ricordiamo tende a sopprimere le risposte immunitarie) creano resistenze anche allo stesso IFNalfa. Abbiamo quindi combinato il rilascio di IFNalfa con un’immunoterapia già utilizzata per altri tumori e basata sul blocco di recettori inibitori dei linfociti: questa combinazione ci ha permesso di rinforzare ulteriormente la risposta immunitaria contro le metastasi – specifica Squadrito.

I primi risultati

Grazie a un microambiente più permissivo, instaurato in seguito all’ingegnerizzazione dei macrofagi, l‘immunoterapia ha dimostrato un alto successo terapeutico in topi di laboratorio con metastasi epatiche da cancro al colon e al pancreas. Sebbene lo studio presentato sia finora limitato a studi sperimentali di laboratorio, molti dei risultati ottenuti dai ricercatori del San Raffaele mostrano correlazioni cliniche che ne sostengono la rilevanza.

“Nel complesso questi risultati gettano le basi per lo sviluppo clinico di una nuova strategia di terapia genica per i pazienti affetti da metastasi epatiche. Ulteriori studi sono ora necessari per determinarne sicurezza e compatibilità per l’utilizzo negli esseri umani”, conclude Naldini

Fonte.

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