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Alimentazione: ecco gli ingredienti che proteggono l’udito

Tempo di lettura: 2 minuti

Dalla frutta alla caffeina, passando per latticini e fibre alimentari. Ecco gli ingredienti che proteggono l’udito, riducendo il rischio di acufene. A parlane è una nuova ricerca scientifica

A cura di Davide Pezza

Frutta, fibre alimentari, latticini e caffeina contribuiscono a ridurre il rischio di acufene (ronzio nelle orecchie) e quindi proteggere l’udito. È quanto emerge da un’analisi condotta in Cina dagli esperti della Chengdu University of Traditional Chinese Medicine e pubblicata sulla rivista BMJ Open. Secondo i ricercatori, l’effetto protettivo di questi alimenti potrebbe essere legato ai loro benefici sui vasi sanguigni e sui nervi, oltre che alle proprietà antinfiammatorie e antiossidanti.

L’acufene è la percezione di suoni come squilli, ronzii o ticchettii in assenza di una fonte esterna. Si stima che colpisca circa il 14% della popolazione adulta a livello globale ed è spesso associato a condizioni come depressione, ansia e stress, con un impatto significativo sulla qualità della vita. Nei casi più gravi, può essere un fattore di rischio per il suicidio. Sebbene non esista una cura definitiva, alcuni trattamenti, tra cui la terapia comportamentale, l’uso di farmaci e apparecchi acustici, possono contribuire ad alleviare i sintomi.

Lo studio ha analizzato i dati di 301.533 persone, valutando l’impatto di 15 fattori dietetici attraverso questionari specifici. Tra questi, sono stati considerati carboidrati, caffeina, uova, frutta, fibre, grassi, carne, proteine, zucchero, pesce, verdure e latticini. I ricercatori hanno osservato che un consumo maggiore di frutta, fibre alimentari, latticini e caffeina è associato a una riduzione del rischio di acufene. In particolare, le percentuali di riduzione rilevate sono state del 35% per la frutta, 9% per le fibre alimentari, 17% per i latticini e 10% per la caffeina. Nessuna correlazione significativa è emersa per gli altri fattori dietetici, e i risultati sono stati confermati da ulteriori analisi.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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