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Alzheimer: vaccino sperimentale efficace nei test preclinici

Tempo di lettura: 2 minuti

La sua funzione è quella di colpire le cellule cerebrali infiammate associate alla patologia neurologica

Un nuovo vaccino potrebbe entrare in gioco nella lotta contro l’Alzheimer. Sviluppato all’Università di Juntendo a Tokyo, esso colpisce le cellule cerebrali infiammate associate alla malattia e si presenta come la chiave per prevenirla o modificarne il decorso. Il tutto emerge da una nuova ricerca che sarà presentata all’American Heart Associations’s Basic Cardiovascular Scientific Session 2023 a Boston. Il nuovo potenziale strumento è stato utilizzato sui topi, i quali dopo l’operazione presentavano meno placche di sostanza tossica beta-amiloide e meno infiammazione nel tessuto cerebrale, oltre a mostrare miglioramenti nel comportamento. 

In particolare, il vaccino ha il compito di eliminare le cellule senescenti (cellule vecchie e potenzialmente tossiche) e prende il nome di Sagp (ovvero il tag molecolare presente sulle cellule senescenti). Sagp ha migliorato diverse malattie legate all’età, tra cui l’aterosclerosi e il diabete di tipo 2 nei topi. Inoltre ha ridotto in modo significativo i depositi di amiloide nei tessuti cerebrali dei topi: le cellule ‘stella’ (cellule di supporto ai neuroni abbondanti nel cervello) hanno mostrato una riduzione delle dimensioni nei topi che hanno ricevuto il vaccino. Riscontrata, tra l’altro, una riduzione di altri biomarcatori infiammatori, suggerendo un miglioramento dell’infiammazione cerebrale in risposta al vaccino.

Ma non finisce qui. Un test comportamentale ha rivelato che i topi che hanno ricevuto il vaccino Sagp hanno risposto significativamente meglio all’ambiente rispetto a quelli che hanno ricevuto il vaccino placebo. I topi vaccinati hanno manifestato comportamenti simili a quelli di topi sani e una maggiore consapevolezza del loro ambiente circostante. Ciò che è promettente rispetto a vaccini simili testati in passato è proprio il fatto che il vaccino Sagp è il primo che mostra modifiche positive del comportamento.

“Se il vaccino si dimostrasse efficace negli esseri umani, rappresenterebbe un grande passo avanti per ritardare la progeessione della malattia o addirittura per prevenire l’insorgenza” – concludono gli autori.

Fonte.

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