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Amiloidosi: da due studi arrivano nuove speranze di cura

Tempo di lettura: 2 minuti

Due recenti lavori aprono nuove prospettive per la diagnosi e il trattamento delle amiloidosi sistemiche con interessamento cardiaco

Due studi recenti, realizzati dai ricercatori del Centro per lo Studio e la Cura delle Amiloidosi Sistemiche della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, sono stati pubblicati su due tra le più rinomate riviste internazionali di Cardiologia. Questi lavori rappresentano un passo avanti significativo nella diagnosi e nel trattamento delle amiloidosi sistemiche con coinvolgimento cardiaco.

Il primo studio

Il primo studio, condotto sotto la guida del professor Mario Nuvolone e pubblicato su Circulation, ha individuato una nuova forma ereditaria di amiloidosi associata a una mutazione del gene APOA1. Tale mutazione determina l’accumulo di fibrille amiloidi composte dalla proteina apolipoproteina A-I in diversi organi, come il cuore e i reni. Particolarmente significativa, questa rara forma di amiloidosi può imitare varianti più comuni, rendendo necessari aggiornamenti agli attuali algoritmi diagnostici. La ricerca evidenzia l’importanza di un approccio multidisciplinare, integrando tecnologie diagnostiche avanzate – genetiche, istologiche e proteomiche – presso Centri di riferimento altamente specializzati. Questo approccio è essenziale per garantire una diagnosi accurata e prevenire interventi terapeutici inadeguati.

Il secondo studio

Il secondo studio, condotto dal dottor Paolo Milani e pubblicato sul Journal of the American Heart Association, ha approfondito l’amiloidosi da transtiretina wild-type, la forma più comune di amiloidosi cardiaca. La ricerca ha individuato alcuni parametri clinici cruciali al momento della diagnosi, come l’età, i livelli di biomarcatori cardiaci e una scala di fragilità. L’integrazione di questi elementi consente di identificare i pazienti con il più alto rischio di mortalità precoce. Questi risultati rappresentano un passo avanti nell’ottimizzazione delle risorse terapeutiche, permettendo di destinare i trattamenti farmacologici ai pazienti che ne trarranno il massimo beneficio, superando il tradizionale criterio dell’età come unico fattore determinante per l’accesso alle terapie.

L’importanza delle due scoperte

“Queste scoperte rappresentano un passo avanti cruciale nella gestione delle amiloidosi sistemiche con interessamento cardiaco, evidenziando il ruolo centrale della ricerca traslazionale per migliorare l’accuratezza diagnostica e l’efficacia terapeutica in patologie complesse e spesso sotto-diagnosticate”commenta Giovanni Palladini, direttore del Centro Amiloidosi Sistemiche e Malattie ad alta complessità.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio condotto dal dottor Paolo Milani.

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Amiloidosi
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