Da un nuovo studio arrivano evidenze e conferme di come sia necessario uno sguardo multidisciplinare nell’approccio alle patologie cardio-cerebrovascolari
Un nuovo studio mostra nuove evidenze che confermano l’ormai chiara relazione esistente fra malattie al cuore e il rischio di danni cerebrovascolari non evidenti a livello clinico. La revisione è firmata da Zien Zhou, medico e ricercatore del New South Wales di Sidney (Australia) ed i suoi risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica ‘Neurology’.
L’analisi dimostra la prevalenza di alterazioni cerebrovascolari silenti (silent brain infarction – SBI) e malattia dei piccoli vasi cerebrali (cerebral small vessel disease – CSVD) in adulti affetti da malattia coronarica, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca o cardiomiopatia, malattia valvolare cardiaca e forame ovale pervio. Nello specifico gli esperti hanno esaminato 221 studi osservazionali, scoprendo che il 36% dei pazienti con fibrillazione atriale presentava SBI, il 25% lacune, il 62% iper-intensità della sostanza bianca (white matter hyperintensity, WMH) e il 27% micro-emorragie. Dai risultati è inoltre emerso che non c’erano differenze rilevanti nella prevalenza di SBI fra soggetti con e senza ictus recente. Tale dato suggerisce che le malattie al cuore potrebbero influenzare il rischio di alterazioni cerebrovascolari silenti.
In sintesi, lo studio condotto in Australia evidenzia l’importanza di approfondire la comprensione delle relazioni tra patologie cardiache e danni cerebrovascolari silenziosi al fine di sviluppare strategie preventive e terapeutiche più efficaci per questa popolazione. Risulta evidente l’importanza di un approccio multidisciplinare.
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