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Ecco come calcolare i rischi al cuore per i pazienti diabetici

Tempo di lettura: 2 minuti

Un recente studio pubblicato sulla rivista “Circulation” fornisce una guida su come valutare i rischi cardiaci nei pazienti diabetici più vulnerabili

Secondo uno studio pubblicato su ‘Circulation’, i diabetici con elevato rischio di danni al cuore dovrebbero sottoporsi a uno screening in due fasi. Dopo una fase iniziale di valutazione del rischio, si consiglia un secondo passaggio che comprenda il dosaggio ematico del frammento aminoterminale del pro-peptide natriuretico di tipo B (NT-proBNP). Questi pazienti trarrebbero beneficio dal trattamento con un inibitore del cotrasportatore sodio-glucosio 2 (SGLT2) per la prevenzione dello scompenso cardiaco.

“Negli ultimi anni sono utilizzati screening basati su punteggi di rischio clinico, test di biomarcatori o ecocardiografia per identificare i soggetti ad alto rischio di insufficienza cardiaca, complicanza frequente del diabete”, ha dichiarato il coordinatore Kershaw Patel del Dipartimento di cardiologia al Methodist DeBakey Heart & Vascular Center di Houston.

Tuttavia, anche pazienti considerati a basso rischio da questo screening potrebbero alla fine sviluppare uno scompenso. Inoltre, non è fattibile da un punto di vista economico la somministrazione a tutti i pazienti di esami con biomarcatori o valutazioni ecografiche. Per questo nasce l’idea di associare allo screening iniziale una seconda fase sottoponendo i pazienti a basso rischio, a seconda del punteggio raggiunto, al dosaggio dei livelli ematici di NT-proBNP, un biomarcatore di scompenso cardiaco.

Lo screening a due fasi è il metodo più efficace

“Ci è sembrato un modo efficace per migliorare la diagnosi precoce dell’insufficienza cardiaca, in quanto i peptidi natriuretici sono proteine prodotte dal cuore in presenza di uno stress del muscolo cardiaco” – spiegano gli autori, che hanno analizzato i dati di 6.293 diabetici che avevano preso parte a precedenti studi di coorte. 4.889 di questi non mostravano segni di malattia cardiovascolare aterosclerotica, ma tutti erano stati sottoposti allo screening per stimare il rischio di scompenso cardiaco.

Dai risultati del confronto tra i metodi di screening e il numero di episodi di scompenso cardiaci osservati nel corso di 5 anni, i ricercatori hanno dedotto che lo screening a due fasi è il metodo più efficace per individuare i diabetici a rischio di scompenso. In particolare, è emerso che dal 30% al 50% degli episodi totali di insufficienza cardiaca osservati nei pazienti senza malattia arteriosa coronarica aterosclerotica (ASCVD) si sono verificati in individui considerati a basso rischio secondo lo screening a singola fase. L’aggiunta del secondo passaggio, ossia il dosaggio del NT-proBNP, ha portato all’identificazione di circa l’85% dei casi di scompenso. “Ciò suggerisce che lo screening in due fasi potrebbe ampliare il numero di diabetici che potrebbero essere trattati con terapie preventive più aggressive come gli SGLT2”ha concluso Kershaw Patel.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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