Il trattamento combinato mostra risultati favorevoli, soprattutto riguardo l’aumento del tempo libero da recidiva
A cura di Davide Pezza
In Italia, precisamente presso l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, è stato avviato uno studio clinico di fase III sul vaccino anti-cancro a mRNA di Moderna, focalizzato sui pazienti affetti da melanoma. Questo centro si pone tra i pionieri mondiali nell’esplorare questa rivoluzionaria immunoterapia, anticipando la fase chiave prima della valutazione da parte delle autorità regolatorie. Attualmente, si contano ben 70 farmaci immunoterapici in fase di studio, sia in fase preclinica (sperimentazioni non umane) che clinica. Solo in Italia, si conducono circa 200 studi clinici, di cui 51 sono attualmente in fase attiva di arruolamento, offrendo una nuova e significativa prospettiva terapeutica per i pazienti.
La parola all’esperto
“L’immunoterapia rappresenta la rivoluzione più importante negli ultimi 10 anni in campo oncologico” – dichiara Paolo Ascierto, direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Nazionale dei Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli. “Abbiamo iniziato con il melanoma e ora molti farmaci, come i cosiddetti inibitori dei checkpoint immunitari, sono utilizzati contro altri tipi di tumore, come quello del rene, della vescica e dei polmoni. Con molta probabilità avverrà la stessa cosa per i vaccini a mRna: cominceremo con il melanoma per poi estenderne l’utilizzo contro altre forme di cancro”.
“Il vaccino – prosegue l’esperto – si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid. Utilizza cioè mRna sintetici progettati per istruire il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati neoantigeni, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore”.
A distanza di due anni dalla somministrazione di questo vaccino, i dati evidenziano una diminuzione del rischio di recidiva o morte del 44% nei pazienti che lo hanno ricevuto in combinazione con il ben noto farmaco immunoterapico pembrolizumab.“Ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati finali di quest’ultima fase dello studio clinico – precisa Ascierto. “La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili”.
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