Nello specifico il nome della terapia è ‘MRgFUS’: Magnetic Resonance guided Focused UltraSound, vale a dire una ultrasonografia focalizzata con guida a risonanza magnetica
Un trattamento avanzato basato sugli ultrasuoni può eliminare i fastidiosi tremori dovuti al morbo di Parkinson. Il nome della terapia è Magnetic Resonance guided Focused UltraSound (MRgFUS): si tratta di una ultrasonografia focalizzata con guida a risonanza magnetica. Ne parla uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine da un team internazionale di ricercatori fra cui alcuni dell’Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ di Milano.
“Abbiamo iniziato ad utilizzare questa tecnica dal 2019 per il tremore da Parkinson – spiegano il neurologo Roberto Eleopra e il neurochirurgo Francesco Di Meco, che gestiscono il trattamento nell’istituto milanese. Ormai abbiamo superato i 140 casi, con risultati che i pazienti definiscono toccanti. L’entusiasmo dei guariti è tale che talvolta dobbiamo invitarli a non cambiare le loro abitudini di vita facendosi travolgere dall’euforia”.
“La MRgFUS sovverte l’approccio ai disordini del movimento, di cui il Parkinson è solo l’esempio più rappresentativo – proseguono i due esperti. Senza alcuna incisione o foro del cranio, ma solo con un casco stereotassico che può ricordare quello per la permanente, vengono collimati fasci ultrasonici con precisione millimetrica. La loro convergenza provoca un effetto termico (+60-70°) che brucia l’area cerebrale selezionata perfettamente dalla risonanza magnetica. Il trattamento in sé dura pochi secondi e richiede un’unica seduta di 2 ore dovute per lo più alla preparazione del paziente che resta sempre sveglio. Poi si alza dal lettino senza più tremare e semmai con un po’ di mal di testa e vertigine che passano rapidamente. In non più del 15% dei casi possono esserci recidive al massimo entro un anno dal primo trattamento ma la procedura si può ripetere senza problemi restituendo al paziente la ritrovata normalità”.
Ultrasonografia utile anche contri i tumori del cervello? La situazione
Ma l’ultrasonografia potrebbe rivelarsi utile anche per il trattamento dei tumori cerebrali, sebbene gli ultrasuoni debbano essere settati a una frequenza inferiore.
All’Istituto Besta sono stati già trattati una ventina di casi di glioblastomi primitivi o secondari, e si stanno studiando le possibilità di un utilizzo del macchinario anche in caso di metastasi cerebrali.
“Non pensiamo ancora a mirare i fasci ultrasonici sulle formazioni neoplastiche — spiega Di Meco — ma solo a risolvere un annoso problema del loro trattamento. Chemio e immuno-terapici riescono infatti a raggiungerli solo in parte perché bloccati dalla barriera ematoencefalica, quella sorta di pellicola che riveste e isola il cervello per difenderlo da agenti tossici e infettivi che circolano nel resto del corpo. Con gli ultrasuoni focalizzati possiamo però aprire dei microvarchi transitori nella barriera, giusto il tempo per farla attraversare dai farmaci e ottenere quegli effetti che finora non eravamo mai riusciti ad avere. Un trattamento di questo tipo prevede in sala operatoria almeno 5 o 6 specialisti che agiranno fianco a fianco coi neurochirurghi nella coordinazione del trattamento combinato MRgFUS/chemioterapia”.
Potrebbe interessare anche Morbo di Parkinson, studio apre la strada a nuove terapie