Una nuova ricerca condotta da esperti della Northwestern University ha identificato un nuovo fattore che porta alla neurodegenerazione
La degenerazione dei neuroni dopaminergici è stata tradizionalmente identificata come il primo evento associato alla comparsa del Parkinson. Tuttavia, un recente studio condotto dai ricercatori della Northwestern University suggerisce una prospettiva diversa, indicando che un malfunzionamento nelle sinapsi dei neuroni ,quei minuscoli spazi attraverso i quali un neurone può trasmettere un impulso a un altro, possa essere il precursore dei deficit di dopamina, precedendo la neurodegenerazione stessa. Il Parkinson, una condizione che colpisce l’1% al 2% della popolazione, è caratterizzato da sintomi quali tremore a riposo, rigidità e bradichinesia (lentezza nei movimenti), causati dalla progressiva perdita di neuroni dopaminergici nel mesencefalo. Queste nuove scoperte, appena pubblicate sulla rivista Neuron, aprono nuove prospettive per lo sviluppo di terapie potenzialmente più efficaci.
“Abbiamo dimostrato che le sinapsi dopaminergiche diventano disfunzionali prima che si verifichi la morte neuronale” – spiega l’autore principale dello studio Dimitri Krainc. “Sulla base di questi risultati, ipotizziamo che mirare alle sinapsi disfunzionali prima che i neuroni si degenerino possa rappresentare una migliore strategia terapeutica”. Lo studio si è focalizzato sui neuroni del mesencefalo derivati da pazienti. Gli scienziati hanno scoperto che le sinapsi dopaminergiche non funzionano correttamente in diverse forme genetiche del morbo di Parkinson. Questo lavoro affronta una delle principali lacune nel campo: come diversi geni legati al Parkinson portino alla degenerazione dei neuroni dopaminergici umani.
Il ruolo di due particolari geni
I geni Parkin e PINK1 possono essere paragonati a veri e propri custodi nell’ambito del sistema di riciclaggio all’interno delle cellule nervose. La loro principale responsabilità è quella di gestire il recupero e il riciclaggio dei mitocondri, i ‘generatori di energia’ cellulari, quando questi diventano troppo anziani o esausti. La permanenza di mitocondri disfunzionali all’interno delle cellule potrebbe potenzialmente generare problemi di funzionalità cellulare. Questo complesso processo di riciclaggio o rimozione dei vecchi mitocondri è noto come mitofagia.
In una situazione di normale funzionamento cellulare, il gene PINK1 svolge un ruolo attivo nell’attivare il gene Parkin, collaborando così per spostare i mitocondri invecchiati lungo un percorso che li condurrà alla loro successiva rigenerazione o eliminazione. È ben documentato che individui portatori di mutazioni su entrambe le copie dei geni PINK1 o Parkin possono sviluppare la malattia di Parkinson, principalmente a causa di una mitofagia inefficiente.
La storia delle due sorelle
La ricerca è stata arricchita dalla storia di due sorelle che hanno affrontato la sfortuna di nascere senza il gene PINK1, poiché entrambi i loro genitori non possedevano una copia di questo gene cruciale. Questo ha esposto le due sorelle a un elevato rischio di sviluppare il Parkinson, ma in modo sorprendente, una delle sorelle è stata diagnosticata con la malattia all’età di 16 anni, mentre l’altra solo a 48 anni. Questa disparità ha stimolato gli scienziati a effettuare una scoperta innovativa e rilevante.
Nel caso della sorella che ha ricevuto la diagnosi a 16 anni, è emerso che aveva subito una perdita parziale anche del gene Parkin, che, per conto suo, non dovrebbe essere sufficiente a causare la malattia di Parkinson. Questo ha innescato una domanda chiave: come mai la sorella con solo una perdita parziale di Parkin ha sviluppato la malattia più di 30 anni prima dell’altra? La risposta a questa interrogativo ha rivelato agli scienziati un nuovo livello di comprensione delle funzioni del gene Parkin. È emerso che Parkin svolge un ruolo cruciale in un’altra via di segnalazione completamente diversa, presente nei terminali sinaptici, non correlata al suo compito di riciclaggio. In questa via, il gene regola il rilascio di dopamina, un aspetto che in precedenza era sconosciuto e che assume un ruolo fondamentale nella comprensione della malattia di Parkinson.
Le conclusioni ricavate
Aver capito cosa sia successo alle due sorelle ha portato gli scienziati della Northwestern a pensare a una nuova opportunità per potenziare Parkin e, potenzialmente, di prevenire la degenerazione dei neuroni dopaminergici. “Abbiamo scoperto un nuovo meccanismo per attivare Parkin nei neuroni dei pazienti – sottolineano i ricercatori. Ora dobbiamo sviluppare farmaci che stimolino questa via, correggano la disfunzione sinaptica e, si spera, prevengano la degenerazione neuronale nel Parkinson”
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