Il carcinoma anaplastico rappresenta uno dei tumori della tiroide più difficili da curare. Arriva però un nuovo efficace trattamento
A cura di Antonio Arigliani
Tra i tumori della tiroide più aggressivi e difficili da curare vi è il carcinoma anaplastico. Si tratta di un tumore molto raro, ma gravato da una elevata mortalità. Si pensi infatti che la maggior parte dei pazienti non sopravvive oltre un anno dalla diagnosi. Ora però, tale patologia riceve un nuovo trattamento: la nuova cura si basa sulla combinazione di due farmaci mirati, dabrafenib e trametinib, ed è stata approvata di recente dall’Agenzia italiana del farmaco – Aifa.
“Il carcinoma anaplastico è un sottotipo di cancro della tiroide fortunatamente molto raro (rappresenta circa l’1% dei nuovi casi annui, ovvero poco più di 1.3000 connazionali), ma purtroppo a elevata mortalità – spiega Laura Locati, direttore dell’Oncologia medica all’IRCCS Maugeri di Pavia. Generalmente colpisce fra i 60 e gli 80 anni. È molto aggressivo, caratterizzato da una crescita locale nella tiroide e nel collo con coinvolgimento di vasi sanguigni, laringe, esofago e con rapida disseminazione agli altri organi, tanto che il 70-80% dei pazienti è inoperabile alla diagnosi. Così la sopravvivenza media dei malati è di soli 6 mesi dopo la scoperta della neoplasia”.
“Il carcinoma anaplastico – prosegue l’esperta – cresce in fretta. Spesso causa rigonfiamenti evidenti, difficoltà nella deglutizione, modifiche del tono di voce. Sono tutti segni di una neoplasia che generalmente è già in fase avanzata. Quando l’intervento chirurgico non è possibile, si valuta la possibilità di procedere con radioterapia e chemioterapia. Queste due però, nonostante possono fornire un controllo locale del tumore, non hanno impatto sulla sopravvivenza generale nei pazienti con metastasi”.
Gli ottimi risultati di dabrafenib e trametinib
Con la combinazione di dabrafenib e trametinib, però, si possono ottenere risultati migliori. “In più della metà dei pazienti con malattia metastatica si riescono a raggiungere regressioni importanti delle lesioni tumorali – spiega ancora Locati. In questo modo si aumenta la sopravvivenza media da 6 a 14 mesi. Nei malati con neoplasia confinata alla tiroide (quindi senza metastasi) ma inoperabile alla diagnosi, questa terapia mirata in alcuni casi ha addirittura ridotto così tanto il tumore da consentire l’intervento chirurgico, che è il passo indispensabile per poter sperare in una guarigione definitiva. Inoltre, questi farmaci sono ben tollerati. Infatti, meno del 20% dei pazienti deve interrompere la cura per tossicità”.
“Dabrafenib e trametinib sono ora disponibili per i pazienti con carcinoma anaplastico della tiroide BRAF mutato. Circa il 40-50% dei carcinomi anaplastici tiroidei presenta la mutazione di BRAF. Si tratta di medicinali cosiddetti ‘inibitori della crescita tumorale’ che agiscono contro i tumori in modo più selettivo rispetto alla chemioterapia tradizionale, in quanto riconoscono alcune proteine che si trovano sulla parete o all’interno delle cellule tumorali e bloccano i meccanismi con i quali queste si riproducono” – conclude l’esperta.
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