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L’allarme della FNOPI: in Italia mancano oltre 60mila infermieri

Tempo di lettura: 3 minuti

Penuria di infermieri: la Federazione ha quantificato l’assenza di questa figura all’interno della sanità italiana

Mancano oltre 60mila infermieri secondo la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI). E senza una soluzione alla carenza di organico chi rischia di più è l’assistenza, ma anche l’applicazione del PNRR che punta tutto sull’assistenza territoriale.

E ne mancano, anche in base alle dimensioni regionali, quasi 27mila a Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole.

Eppure, quella dell’infermiere è la professione del futuro e lo è con maggiori responsabilità, specializzazioni e infungibilità della professione. All’estero tutto ciò c’è già e gli infermieri, in alcune zone, sono anche prescrittori di farmaci non specialistici e di presidi sanitari. Che sia la professione sanitaria del futuro è evidente. Nel 2020 è stata l’unica laurea tra le sanitarie che ha visto aumentare le domande di quasi l’8% contro una diminuzione delle altre. Ma c’è carenza: il rapporto infermieri-abitanti in Italia è di 5,5-5,6 infermieri ogni mille abitanti, uno dei più bassi d’Europa secondo l’Ocse. La pandemia ha posto sotto gli occhi di tutti quello che già da anni fa, con la sua laurea, i master, i dottorati di ricerca e, ora, la richiesta chiara di scuole di specializzazione e dell’infungibilità della professione.

Nel corso della pandemia è emersa l’importanza degli infermieri per la tenuta del sistema

L’infermiere assicura il buon andamento delle strutture anche evitando eventuali carenze o atti impropri di altre figure. Serve che sia supportato da un organico numericamente e professionalmente efficiente e dotazioni all’altezza di un’assistenza di qualità. Altrimenti c’è il rischio di peggiorare la situazione e trasformare chi dovrebbe organizzare in un capro espiatorio di errori altrui.

Il Censis presentato ha quantificato la carenza rapportando per l’Italia la presenza di infermieri a quella dell’Emilia-Romagna, considerata Regione Benchmark, in 57.000 unità e ha considerato che se il confronto dovesse avvenire con altri partner europei, come ad esempio il Regno Unito – che fa tra l’altro continua richiesta di infermieri italiani – la carenza salirebbe a quasi 300.000 unità.

Il rapporto dell’Università di Tor Vergata ha portato alla luce una carenza di infermieri che non copre la popolazione

Secondo il Rapporto Crea Sanità dell’Università di Tor Vergata, la carenza in base ai parametri europei sarebbe di almeno 162.972 infermieri se rapportati al complesso della popolazione e 272.811 se rapportati alla popolazione ultra 75enne, che è quella di riferimento soprattutto sul territorio.

E secondo il concetto di staffing, il rapporto cioè tra infermieri e numero di pazienti assistiti che secondo i parametri medi nazionali e internazionali dovrebbe essere di un infermiere ogni 6 pazienti (ogni due nei servizi come pediatrie o terapie intensive e così via), mentre si assesta da anni a una media di 9,5 pazienti per infermiere con punte in alcune Regioni fino a 17-18 pazienti per infermiere.

Le soluzioni proposte dalla FNOPI per sopperire alla carenza di infermieri sono tre

Per questo la FNOPI ha messo a punto per la prima volta alcune proposte diversificate tra loro su assi a breve, medio e lungo termine. Soluzioni per far fronte alla carenza di professionisti con particolare attenzione a residenzialità privata e convenzionata e alle aree interne e disagiate. Il documento diventerà elemento ulteriore di interlocuzioni politiche e istituzionali della Federazione.

A breve termine – perché il problema è ora, così come ora deve partire l’applicazione del PNRR – c’è ad esempio il superamento del vincolo di esclusività. Un vincolo che oggi lega l’infermiere nel rapporto di lavoro con il servizio sanitario pubblico. Poi la possibilità di esercizio libero professionale a supporto delle strutture sociosanitarie territoriali. Poi possono essere previsti progetti finalizzati a garantire il supporto in termini di prestazioni di assistenza infermieristica da parte delle Aziende Sanitarie. Il tutto in favore delle strutture residenziali territoriali, con attività svolta al di fuori dell’orario di servizio e remunerata a parte.

Per la Federazione è di fondamentale importanza provare a richiamare gli infermieri che sono emigrati all’estero

A medio termine si dovrebbero ridefinire le regole di accreditamento delle strutture in relazione all’evoluzione dei bisogni dei cittadini; valorizzare la professione infermieristica nelle strutture socio sanitarie territoriali; prevedere uno sviluppo in chiave clinica per attualizzare la necessaria maggiore pertinenza alla complessità e tipologia assistenziale di carriera e sotto il profilo gestionale; adeguare i contingenti formativi e valorizzare le competenze economicamente e sotto l’aspetto della responsabilità e dell’autonomia.

A lungo termine poi si dovrebbe favore il rientro degli infermieri italiani emigrati all’estero con incentivi in termini contrattuali ed economici. Attualmente si calcola che lavorino all’estero circa 20.000 infermieri italiani.

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