I fondi del Pnrr per le Case di Comunità sono arrivati
L’orizzonte comincia ad avere un colore diverso ed è quello ampiamente annunciato e sperato. Una nuova forma di Sanità che possa essere più performante e che possa allontanarsi dall’ospedale, visto come unico luogo dove potersi curare. Sono da poco arrivati i 2 miliardi previsti dal Pnrr da utilizzare per la costruzione di 1300 Case della Comunità. Strutture da utilizzare per curarsi in prossimità delle proprie abitazioni. E questo potrà servire anche ai medici per allontanarsi dai propri studi e dedicarsi alle cure in queste strutture. Previsto un impegno di sei ore a settimane, ma possono diventare anche 18.
Previsto, nelle prossime settimane, l’invio da parte del Ministero della Salute del documento “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale“. Un documento che sarà utile alla stesura del decreto ministeriale che servirà a formare la sanità di prossimità.
Altro aspetto importante è quello che riguarda il rapporto di convenzione. Gli assessori alla Sanità di ogni singola Regione hanno approvato la bozza di atto di indirizzo sulla medicina di famiglia. Si va verso la conferma di quel rapporto fiduciario che esiste tra medico di famiglia e paziente. Allontanando quel discorso sulla dipendenza. In questo modo, il medico potrebbe essere impegnato 38 ore alla settimana. Divise in 20 ore all’interno degli studi e 18 in attività all’interno del distretto. Ore, queste ultime, che possono essere 6 o tutte nelle Case di comunità.
I medici impegnati nelle Cdc vedranno ridisegnato anche il proprio stipendio
Capitolo stipendio: il 70% sarà calcolato in base al numero di assistiti, mentre il 3% dipenderà dai servizi svolti all’interno dei distretti. Previsti incentivi per quei medici che lavoreranno associando gli studi con quelli dei colleghi. Infine c’è anche una percentuale legata al risultato ottenuto, alla partecipazione alle attività, alla promozione della salute ai programmi di telemedicina.
Un percorso che si sta avviando e che, comunque, deve tenere conto delle carenze legate a ogni singolo territorio, specie in tema di infermieri di famiglia e di comunità. Ma questo aspetto non deve interrompere il cammino di innovazione della Sanità che deve andare verso questo percorso. Una strada che conserva la centralità della figura del medico di famiglia, sia che lavori nel proprio studio sia che operi all’interno della Casa di comunità. Resta il riferimento principale, proprio per il rapporto di fiducia instaurato, in un’equipe composta da infermiere, specialista, assistente sociale e altri professionisti.
Un percorso che va dalla cura personale fino all’assistenza per i pazienti con bisogni più complessi e questa progettazione avverrà proprio nelle Cdc. Un luogo nel quale sarà garantita la presenza dell’equipe ma anche programmi di medicina di iniziativa e prevenzione. Insomma la creazione di una rete che possa migliorare la salute di ogni singolo paziente e valorizzare il lavoro di ogni singolo professionista. Confermate anche le Usca nate con la pandemia. Restano solo da definire i ruoli dei servizi mentali, delle farmacie, della telemedicina e delle Rsa.
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