Interessante intervista al Prof. Luigi Marano, Chirurgo Oncologo presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria Senese e Professore Associato presso l’Università degli Studi di Siena
A cura di Davide Pezza
La chirurgia oncologica è quella branca della medicina che si occupa della terapia chirurgica del cancro attraverso la rimozione dello stesso dall’organismo del paziente. Quando si rimuove un cancro è possibile anche eliminare parte del tessuto circostante che può contenere cellule cancerose avendo l’obiettivo di essere quanto più radicali possibile. L’operazione è effettuata da parte di un chirurgo specializzato.
Per saperne di più, la redazione di Italian Medical News ha deciso di intervistare un esperto in materia, il Prof. Luigi Marano, Chirurgo Oncologo presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria Senese e Professore Associato presso l’Università degli Studi di Siena. Di recente, la prestigiosa rivista internazionale ‘World Journal of Gastrointestinal Oncology’ ha premiato il Prof. Marano dedicando al chirurgo oncologo la copertina del volume uscito lo scorso 9 settembre. Sono state, in particolare, le attività di ricerca scientifica, il trattamento chirurgico delle neoplasie addominali e l’applicazione delle nuove tecnologie mininvasive, laparoscopiche e robotiche a destare l’attenzione della rivista. Abbiamo dunque posto una serie di domande all’esperto.
L’unicità della chirurgia oncologica
Professore, quale spazio oggi ha la chirurgia oncologica nel migliorare la prognosi di vita sui tumori?
“La chirurgia oncologica ha da sempre svolto un ruolo importante nell’ambito del processo di trattamento del paziente oncologico. Ma, soprattutto negli ultimi decenni, ha fornito un importantissimo contributo, poiché si è passati da un concetto di chirurgia generale ad un concetto di super-specializzazione: quello, appunto, di chirurgia oncologica. In realtà oggi nell’ordinamento accademico questa specializzazione non esiste“.
“Questo è un grosso problema, emerso dai numerosi e recenti incontri scientifici promossi dalle più importanti società, internazionali e nazionali, di chirurgia oncologica, le quali hanno definito la necessità urgente di introdurre il cosiddetto ‘core curriculum’, ovvero un curriculum definito che ogni chirurgo oncologo dovrebbe ottenere per poter poi confrontarsi con il trattamento di queste patologie. Perché, quello che differisce tra un chirurgo generale e un chirurgo oncologo è il fatto che quest’ultimo opera in una dinamica e una situazione specifica che è quello di un processo di trattamento di un paziente con neoplasia maligna. Ha dunque una sua specificità e unicità“.
“Un ruolo sicuramente di prim’ordine ma allo stesso tempo anche gravoso”
“Dunque, il chirurgo oncologo non è un chirurgo generale. È un chirurgo ben qualificato che ha un training addizionale e un esperienza nel trattamento multidisciplinare nell’ambito della prevenzione, diagnosi, trattamento e riabilitazione del paziente oncologico. È uno specialista che spende la maggior parte della sua carriera professionale alla pratica clinica, alla pratica di queste attività e soprattutto anche alla ricerca sul cancro. Ecco quale è il ruolo della chirurgia oncologica nella prognosi dei pazienti con cancro”.
“Un ruolo sicuramente di prim’ordine ma allo stesso tempo anche gravoso da un punto di vista della gestione del paziente oncologico. Questo perché parliamo di un paziente estremamente preoccupato per la sua salute e che ha un bisogno di salute assolutamente peculiare. Non bisogna inoltre dimenticare che non sempre ci confrontiamo con pazienti avanti con l’età, ma anche con soggetti giovani. Ecco che dunque il chirurgo oncologo è sicuramente un punto di riferimento e una figura che spesso e volentieri va ben oltre il mero rapporto professionale”.
L’importanza della multidisciplinarietà
Quali sono i fattori che indirizzano il paziente a prendere una scelta rispetto ad un’altra ?
“Come detto anche in precedenza, la chirurgia oncologica si contraddistingue per la sua vocazione multidisciplinare. Tra l’altro una vocazione, di recente, anche recepita dalla politica sanitaria: basti pensare all’istituzione dei cosiddetti ‘gruppi oncologici multidisciplinari’ per fare un esempio, ma se ne potrebbero fare tanti altri. Parliamo di istituzioni, di realtà vere, che coinvolgono molte figure professionali. Premesso ciò, sicuramente la prerogativa che un paziente esige e deve esigere da un chirurgo oncologo (e dalla chirurgia oncologica) è l’alta professionalità. Alta professionalità intesa come recepimento delle richieste e dei bisogni del paziente e nel fornire risposte concrete allo stesso. Risposte che si possano tradurre in termini di aumento di sopravvivenza e in termini di qualità di vita“.
“Quindi, come fa il paziente a scegliere tra questo o quell’altro punto di trattamento? Bene, non esiste ancora una risposta chiara ed univoca. Posso però dire che siamo in un’epoca in cui si inizia a parlare di ‘textbook outcome’, ovvero una sorta di libretto che contiene dei punti da definire che in qualche modo esprimono la qualità di un preciso approccio di chirurgia oncologica in un determinato ospedale. Parliamo di uno strumento che sicuramente sarà ben definito e organizzato dai chirurghi oncologi italiani affinché diventi in futuro un punto di riferimento per i pazienti nella scelta di centri di chirurgia oncologica altamente qualificati”.
Il concetto di fragilità
Cosa può dirci riguardo la tendenza a considerare l’età come una controindicazione rispetto agli interventi di chirurgia oncologica?
“Questa è sicuramente una domanda difficile a cui rispondere. Ha già risposto a questa domanda nel lontano 1993 un grandissimo scienziato: Michael Lubin. Il grandissimo esperto rispose al suddetto quesito dicendo: ‘si e no’. L’età cronologica non deve essere considerata un fattore di rischio per la chirurgia in generale e per la chirurgia oncologica in particolare. Tanto è vero che ultimamente stiamo abbandonando il concetto di età cronologica avvicinandoci sempre più al concetto di fragilità. La fragilità in chirurgia oncologica è uno stato molto complesso, caratterizzato da una riduzione di riserve funzionali e multidimensionali. Riduzione che determina un abbassamento della resilienza del paziente e un calo delle capacità adattative. A ciò si accompagna anche un aumentato stato di vulnerabilità in relazione a fattori stressanti, tra cui appunto la chirurgia”.
“Quindi l’obiettivo del chirurgo oncologo è identificare, prima dell’intervento, lo stato di fragilità del paziente che è, e deve essere, indipendente dall’età cronologica dello stesso. Possiamo avere un paziente quarantenne che è fragile ed uno novantenne che non lo è. Dunque, il nostro punto di riferimento non è più l’età cronologica ma lo status di fragilità. A tal proposito un nuovo concetto che sta sempre più entrando nel gergo sanitario, specie in quello dell’oncologia, è il temine ‘pre-abilitazione’. La pre-abilitazione è il contrapposto alla riabilitazione: con questo termine si intendono attività come aumento dell’esercizio fisico, sospensione del fumo di sigarette, preparazione nutrizionale etc.. . Tutti fattori che devono essere intrapresi prima dell’intervento chirurgico per preparare il paziente. Poi, dopo l’intervento c’è la fase di riabilitazione. La pre-abilitazione rappresenta un’evoluzione della chirurgia oncologica“.
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