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Colangiocarcinoma: al via corsi ai medici di base per una diagnosi preoce

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In Italia, ogni anno, circa 3.500 persone ricevono la diagnosi di colangiocarcinoma in fase avanzata. Da qui la necessità di sensibilizzare i medici del territorio

Il colangiocarcinoma è una neoplasia particolarmente aggressiva. La ricerca, per fortuna, ha portato a importanti progressi, come l’immunoterapia e le terapie mirate, che consentono di controllare la malattia garantendo una buona qualità di vita. Tuttavia, le diagnosi precoci restano ancora troppo poche, riducendo le reali possibilità di guarigione. Si pensi che in Italia, ogni anno, quasi 3.500 persone ricevono una diagnosi di colangiocarcinoma in fase avanzata.

Per questo è fondamentale sensibilizzare i medici del territorio, affinché riconoscano i primi segni della malattia e indirizzino i pazienti verso i centri di riferimento. APIC (Associazione Pazienti Italiani Colangiocarcinoma) ha quindi avviato un progetto informativo per aumentare la conoscenza del colangiocarcinoma, con un ciclo di incontri rivolti ai medici di famiglia. Il primo appuntamento è fissato a Firenze il 22 febbraio. Inoltre, l’Associazione ha istituito un fondo che prevede un contributo di 60 euro per ogni cittadino che, su indicazione del medico di famiglia, debba sottoporsi a un’ecografia addominale.

L’importanza di elevare il livello di conoscenza

“È importante migliorare il livello di conoscenza di questa neoplasia rara, ma molto aggressivaafferma Paolo Leonardi, Presidente APIC. Con il ciclo di incontri, che saranno sia in presenza che online e vedranno la partecipazione di oncologi e chirurghi esperti, vogliamo sensibilizzare i medici di famiglia. Talvolta basta una semplice alterazione di un esame di laboratorio ad indurre un sospetto da approfondire. Possono trascorrere sei mesi dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi certa di colangiocarcinoma. È fondamentale abbreviare i tempi, per salvare più vite”.

“Sempre nell’ottica di incrementare le diagnosi in fase iniziale – prosegue il Presidente APIC – abbiamo istituito un fondo, che ad oggi ammonta a 12.000 euro e potrà essere incrementato in base alle richieste, per aiutare le persone che si sottopongono a un’ecografia addominale, esame di primo livello che può eventualmente orientare a ulteriori approfondimenti che portino alla diagnosi. Questa analisi deve essere condotta da un ecografista esperto di patologie del fegato e i malati spesso sostengono spese di tasca propria, oltre al ticket, ad esempio per i trasporti. Sulla base della richiesta del medico di medicina generale di eseguire l’ecografia addominale e della fattura inviate alla nostra Associazione, offriamo a ogni paziente un contributo di 60 euro“.

I fattori di rischio

Il colangiocarcinoma è un tumore raro, rappresentando il 3% delle neoplasie del tratto gastroenterico. Ha origine nei dotti biliari, che trasportano la bile dal fegato all’intestino. Tra i principali fattori di rischio figurano la sindrome metabolica, l’obesità, la steatosi e la cirrosi epatica, le epatopatie croniche, il consumo di alcol, il fumo di sigaretta e l’esposizione a sostanze cancerogene, tossine e agenti ambientali come diossine, nitrosamine, radon e amianto.

Solo il 25% dei pazienti può ricevere interventi chirurgici

“La chirurgia rappresenta ancora l’unica possibilità di sopravvivenza prolungata e anche di guarigione dei pazienti che possono essere operati”sottolinea Felice Giuliante, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Epato-Biliare alla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli. Il problema – prosegue l’esperto – è che spesso la diagnosi è tardiva, perché non c’è una popolazione a rischio nella quale prevedere esami di screening, come avviene per altre patologie, per ottenere una diagnosi in stadio iniziale. Per questo motivo soltanto il 25% dei pazienti può essere candidato alla chirurgia”. 

“Un aspetto molto recente – spiega Giuliante – che avrà sicuramente sempre più spazio in un prossimo futuro, è la possibilità di mettere in atto terapie prima della chirurgia, che possano rendere operabili pazienti che inizialmente non lo sono. Questi trattamenti vanno discussi e programmati nel contesto di gruppi multidisciplinari dedicati a questi pazienti, personalizzando i trattamenti, possibilmente nell’ambito di studi clinici, e ancora una volta tutto questo può essere effettuato in centri di riferimento per questa patologia”.

Fondamentale l’immunoterapia e i test molecolari

Per i pazienti con colangiocarcionoma non operabile in stadio avanzato, fino a poco tempo fa era disponibile solo la chemioterapia. Le prospettive sono cambiate, perché oggi i clinici possono utilizzare diversi strumenti – afferma Lorenza Rimassa, Professore Associato di Oncologia Medica all’Humanitas University e IRCCS Humanitas Research Hospital di Rozzano, Milano. L’immunoterapia in combinazione con la chemioterapia è in grado di migliorare la sopravvivenza, con una riduzione del rischio di progressione di malattia e un miglior tasso di risposte, senza alterare la qualità di vita”.

“In questi anni – sottolinea Rimassa – è stata dedicata molta attenzione alla caratterizzazione molecolare. Quasi la metà dei pazienti con colangiocarcinoma presenta un’alterazione genetica, che può diventare un potenziale bersaglio di terapie mirate“.

In base alle linee guida internazionali, incluse quelle della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), la profilazione molecolare attraverso la tecnologia NGS, Next-Generation Sequencing, è raccomandata al primo riscontro di malattia in stadio avanzato (metastatico o localmente avanzato) non suscettibile di chirurgia.

La mancanza di una governance per i test NGS

“Vi sono ancora alcune criticità da superarespiega Giovanni Brandi, già Direttore della Scuola di Specializzazione di Oncologia Medica all’Università di Bologna, fondatore di APIC e del Gruppo Italiano Colangiocarcinoma (GICO). A dicembre 2022, anche in seguito alle richieste di APIC, è stato istituito un fondo per il triennio 2023-2025, pari a 200.000 euro all’anno, per consentire ai pazienti colpiti da colangiocarcinoma l’accesso ai test NGS”.

“Questo fondo, in realtà, è insufficiente a coprire i migliaia di cittadini che ogni anno in Italia ricevono la diagnosi. Alcune Regioni, come Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, si sono attivate per colmare queste lacune. Inoltre, ai pazienti trattati in centri di riferimento questi esami vengono garantiti, ma in altre strutture non sono eseguiti o sono previsti tardivamente rispetto a quanto raccomandato. In Italia, quindi, manca ancora una governance per i test NGS, con differenze territoriali nelle cure“.

Riconoscere i segni di sospetto

Il colangiocarcinoma intraepatico, la forma più diffusa, tende a restare asintomatico a lungo. Quando compaiono, i primi sintomi — come dolore addominale, perdita di peso, nausea e malessere — sono aspecifici. Le forme extraepatiche, invece, si manifestano spesso con ittero, urine scure, feci chiare e prurito, dovuti all’aumento dei sali biliari nel sangue. La diagnosi è complessa e spesso tardiva, ma riconoscere precocemente i segnali sospetti potrebbe renderla più tempestiva. “Per questo – conclude Lorenza Rimassa – vanno sensibilizzati anche gli altri specialisti e i medici di famiglia, perché siano in grado di cogliere i primi segni o sintomi sospetti“. 

Fonte dichiarazioni: Ansa.it

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