Il farmaco lebrikizumab blocca il segnale di IL-13, una citochina cruciale nella patogenesi della dermatite atopica da moderata a grave
Possibile una nuova opzione terapeutica per la dermatite atopica. Si tratta di lebrikizumab, anticorpo monoclonale sperimentale che blocca il segnale di IL-13, una citochina che gioca un ruolo chiave nella patogenesi della dermatite atopica da moderata a grave. Il farmaco si è dimostrato efficace nel migliorare i sintomi della malattia rispetto al placebo in due trial di fase III pubblicati sul New England Journal of Medicine. La dermatite atopica è la malattia infiammatoria cronica della pelle più diffusa. Presenta una prevalenza mondiale di circa il 20% tra i bambini e dal 2 al 7% tra gli adulti. Questa patologia è associata a compromissione della qualità di vita per via di un importante impatto psico-sociale sui pazienti.
Fra i trattamenti di prima linea ci sono emollienti e glucocorticoidi topici. Nelle forme più gravi si aggiunge la terapia sistemica e la fototerapia. Nonostante i progressi però, la malattia non è ancora sotto controllo dal punto di vista farmacologico. Lebrikizumab è un anticorpo monoclonale che lega selettivamente la citochina IL-13 solubile con una bassa velocità di dissociazione e un’elevata potenza. Esso è in grado di prevenire la formazione del complesso eterodimero di segnalazione. Tale complesso è formato dalla subunità alfa del recettore della IL-4 e la subunità alfa1 del recettore della IL-13.
Il commento dei ricercatori
“I risultati di uno studio clinico di fase IIb, multicentrico, randomizzato e di precedenti studi di fase IIb hanno convalidato il ruolo critico della segnalazione della IL-13 nella patogenesi della dermatite atopica e confermato la necessità di ulteriori studi – hanno premesso i ricercatori guidati da Jonathan Silverberg, direttore della ricerca clinica nel dipartimento di dermatologia presso la George Washington University. “In questa analisi riportiamo i risultati di efficacia e sicurezza delle prime 16 settimane di due studi di fase III della durata di 52 settimane sulla monoterapia con lebrikizumab”.
I due studi, ADvocate1 e ADvocate2, sono stati disegnati in maniera identica. Entrambi includevano un periodo di induzione di 16 settimane e un periodo di mantenimento di 36 settimane. I pazienti eleggibili con dermatite atopica da moderata a grave (adulti ≥18 anni di età] e adolescenti (da 12 a 18 anni e peso ≥40 kg) sono stati assegnati in modo casuale in rapporto 2:1 a ricevere lebrikizumab a una dose di 250 mg (dose di carico di 500 mg al basale e alla settimana 2) o placebo, somministrati per via sottocutanea ogni 2 settimane. L’endpoint primario era il raggiungimento di un punteggio IGA (Investigator’s Global Assessment) di 0 o 1 (pelle libera o quasi libera da lesioni). Il tutto con una riduzione di almeno 2 punti rispetto al basale alla settimana.
“I risultati di questi studi confermano il ruolo centrale della IL-13 nella patogenesi della dermatite atopica. Inoltre, rispetto a dupilumab, che si lega alla subunità α del recettore della IL-4 condivisa dai complessi recettoriali delle IL-4 e 13, lebrikizumab e tralokinumab si legano direttamente alla IL-13”, hanno commentato i ricercatori. “Contrariamente a tralokinumab, lebrikizumab non interferisce con la subunità α2 del recettore della citochina. Studi in vitro suggeriscono che abbia un’affinità di legame più elevata e una velocità di dissociazione più lenta rispetto a tralokinumab”.
Si sono registrati eventi avversi lievi o moderati nella maggior parte dei casi che non hanno causato l’interruzione dello studio. Nel gruppo trattato con il farmaco si è registrata un’incidenza più alta di congiuntivite rispetto al gruppo placebo. Il profilo di sicurezza del farmaco è apparso coerente con i risultati dei trial precedenti.
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