Grazie al contributo dell’Intelligenza Artificiale sono stati individuati nuovi campanelli d’allarme per il cancro alla prostata
Grazie all’impiego dell’Intelligenza Artificiale, un gruppo di esperti ha individuato nuovi indicatori, considerati autentici “campanelli d’allarme”, che permettono di prevedere il rischio di recidiva del tumore alla prostata fino a dieci anni dopo il trattamento. Questo è il risultato di una nuova ricerca condotta da esperti dello Human Technopole, dell’Institute of Cancer Research di Londra e del Royal Marsden NHS Foundation Trust. Il lavoro è apparso sulla rivista scientifica ‘Nature Cancer’.
I ricercatori hanno individuato, grazie all’uso di big data e AI, che la compresenza di cellule tumorali con caratteristiche genetiche diverse all’interno dello stesso tumore e di differenze nella loro forma, dimensione e struttura è indicativa della capacità della neoplasia di cambiare nel tempo. A questa sua capacità evolutiva si associa, anche dopo un lasso di tempo molto lungo, un elevato rischio di ritorno della malattia. Lo studio potrà aiutare i medici a personalizzare meglio il trattamento per il cancro alla prostata, adottando trattamenti più aggressivi in quei casi in cui emerga, grazie a questi parametri, un maggiore rischio di recidiva.
Una tipologia di ricerca fondamentale
“Oltre a produrre biomarcatori prognostici migliori per il cancro alla prostata – spiega Andrea Sottoriva, corresponding author del lavoro – il nostro studio costituisce un’ulteriore prova delle possibilità predittive che derivano dallo studiare come uno stesso tumore si evolve e cambia nel tempo. Applicando un approccio computazionale a più set di dati, siamo stati in grado di decifrare alcune dinamiche della progressione del cancro e della resistenza al trattamento. Questo tipo di ricerca è fondamentale per approfondire la nostra comprensione di come e quando trattare i tumori, compreso il cancro alla prostata”.
Si tratta ancora di una sperimentazione e non di una pratica clinica ma in futuro questo approccio potrebbe aiutare i medici a classificare sistematicamente i pazienti in base al rischio di recidiva della malattia e decidere quali terapie adottare – sottolinea Marino Zerial, direttore dello Human Technopole. Ancora oggi rimane difficile prevedere gli esiti del cancro alla prostata perché la malattia presenta un’ampia eterogeneità, cioè esistono differenze significative tra le sue cellule, non solo nei diversi pazienti ma anche all’interno di ciascun tumore. Inoltre, la patologia spesso si sviluppa in più di un punto all’interno della ghiandola, producendo due o più tumori vicini. Di conseguenza, è spesso difficile per i medici determinare i migliori trattamenti per i pazienti”.
Esaminati 1.923 campioni
Questo studio si distingue da ricerche precedenti per il numero significativo di campioni analizzati e per l’inclusione di diverse fasi di sviluppo della malattia nel suo ambito. Utilizzando il machine learning, i ricercatori hanno esaminato 1.923 campioni provenienti da 250 pazienti, concentrandosi sulla struttura spaziale del tessuto. Hanno inoltre impiegato una tecnica di intelligenza artificiale appositamente sviluppata per classificare il grado di Gleason, un sistema di punteggio che valuta il tessuto canceroso su una scala da uno a cinque in base al modello delle sue cellule. Il grado uno viene assegnato alle cellule cancerose che mostrano somiglianze con quelle sane, mentre il grado cinque è riservato a quelle che presentano differenze significative.
Allo stesso tempo, i ricercatori hanno valutato le differenze genetiche tra le cellule all’interno dei singoli tumori, utilizzando 642 campioni provenienti da 114 partecipanti a studi di radioterapia al Royal Marsden. Questi campioni sono stati sovrapposti al gruppo citato sopra, fornendo ai ricercatori informazioni integrate sulla genomica e sulla morfologia delle cellule, e sulle condizioni dei pazienti nell’arco di oltre un decennio.
Il ruolo dell’eterogeneità intratumorale
I ricercatori hanno individuato che le variazioni genetiche e la diversità morfologica, misurate tramite intelligenza artificiale (come le differenze nella forma, dimensione e struttura delle cellule), sono indicative della capacità del tumore di evolversi. Questa caratteristica consente alla malattia di adattarsi e sopravvivere nel tempo. Hanno valutato questa diversità osservando le differenze tra le cellule nelle diverse regioni del tumore, conosciuta come eterogeneità intratumorale.
I risultati hanno evidenziato che questa “evolubilità” rappresentava un forte predittore di recidiva, con la combinazione delle due misurazioni che identificava un sottogruppo di pazienti con recidiva della malattia nella metà del tempo rispetto agli altri pazienti. Inoltre, i ricercatori hanno osservato una correlazione tra la perdita di un cromosoma specifico e una ridotta presenza di cellule immunitarie nel tumore, un fattore che potrebbe influenzare la risposta del tumore a determinati trattamenti.
Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.
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