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L’infarto minaccia anche il cervello: lo studio

Tempo di lettura: 2 minuti

Dopo un infarto è maggiore il rischio di deficit cognitivo a lungo termine. A parlarne è una ricerca americana pubblicata su ‘Jama Neurology’

A cura di Antonio Arigliani

Un infarto del miocardio non è associato a una riduzione della funzione cognitiva nell’immediato. Secondo un nuovo studio, però, i soggetti colpiti mostrano un maggior rischio di deficit cognitivo a lungo termine rispetto alla media. La ricerca in questione, pubblicata sulla rivista ‘Jama Neurology’, è stata condotta da un gruppo di esperti della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, guidato da Michelle Johansen.

È proprio Johansen a spiegare i motivi che hanno portato alla conduzione dello studio. “L’entità del cambiamento cognitivo dopo l’infarto miocardico incidente non era chiara – precisa l’esperta. Per questo abbiamo cercato di valutare se l’infarto incidente fosse associato a cambiamenti nella funzione cognitiva dopo l’aggiustamento per le traiettorie cognitive pre-infarto”.

I ricercatori americani hanno analizzato soggetti senza infarto, demenza e ictus che avevano partecipato a studi di coorte basati sulla popolazione negli Stati Uniti condotti dal 1971 al 2019. L’outcome primario era il cambiamento nella cognizione generale, mentre quelli secondari erano i cambiamenti nella memoria e nella funzione esecutiva. Hanno fatto parte dello studio 30.465 adulti, di cui 1.033 avevano subito uno o più infarti miocardici. 

Nel complesso l’infarto miocardico non è un risultato associato a una riduzione di cognizione globale, funzione esecutiva o memoria. Tuttavia, i soggetti che hanno subito un infarto hanno mostrato un calo più rapido della cognizione generale, della memoria e della funzione esecutiva negli anni successivi all’episodio“Questi risultati suggeriscono che la prevenzione dell’attacco cardiaco può essere importante per la salute del cervello a lungo termine” – concludono gli autori.

Anche Eric Smith (University of Calgary) e Lisa Silbert (Oregon Health & Science University) hanno commentato lo studio in un editoriale di accompagnamento. “I medici devono essere consapevoli che I pazienti con una storia di infarto possono essere a rischio di declino cognitivo – si legge nell’editoriale. A tali pazienti dovrebbero essere poste periodicamente domande sui sintomi cognitivi. L’invio a uno specialista cognitivo o neuropsicologo può essere giustificato in casi selezionati”.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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