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Inquinamento durante i primi 6 mesi di vita: ecco gli effetti sull’intestino 

Tempo di lettura: 2 minuti

Un interessante studio condotto da un team di ricercatori dell’University of Colorado Boulder evidenzia le conseguenze dell’inquinamento sul microbioma intestinale dei più piccoli 


Che l’inquinamento fosse deleterio per la salute non è di certo una novità e questo vale in particolare per i bambini. Uno studio particolarmente interessante, pubblicato sulla rivista ‘Gut Microbes’, sottolinea ancora una volta quanto possa essere influente in negativo l’inquinamento atmosferico, proprio sui bambini in tenera età. A compiere lo studio è stato un team di ricercatori dellUniversity of Colorado Boulder. Nello specifico, gli studiosi sono giunti a conclusioni allarmanti per quanto riguarda gli effetti sul microbioma intestinale

I ricercatori hanno analizzato i campioni fecali di 103 bambini sani con un’età fino a 6 mesi. I bimbi presi in esame erano in gran parte allattati e provenienti da famiglie della California meridionale. Tra le varie analisi effettuate, i ricercatori hanno realizzato anche sequenziamenti genetici. Inoltre gli stessi ricercatori hanno fatto uso degli indirizzi dei domicili delle famiglie e dei dati relativi alla qualità dell’aria di queste zone. Il team ha quindi scoperto che l’esposizione maggiore all’inquinamento atmosferico era collegata a profili microbici intestinali più tendenti all’infiammazione.

Le scoperte nel dettaglio


Più precisamente i ricercatori hanno scoperto che i bambini con esposizione maggiore alle particelle PM2,5 (particelle inquinanti presenti nell’atmosfera con diametri inferiori a 2,5 micrometri) mostravano un quantitativo più basso, fino al 60%, di batteri Phascolarctobacterium. Quest’ultimo è infatti un batterio benefico che riduce le infiammazioni e, tra e altre cose, favorisce anche lo sviluppo neurologico. O ancora, i bambini con l’esposizione più alta alle particelle PM10 (diametri inferiori ai 10 micrometri) mostravano un quantitativo maggiore, fino al 35%, del batterio del genere Dialister, collegato all’infiammazione. L’esposizione a PM10 era inoltre associabile a maggiori quantità di batteri Dorea, Acinetobacter e Campylobacter. Infine i ricercatori scoprivano anche che l’esposizione al biossido di azoto (NO 2) poteva essere collegata a quantità più alte dei batteri Actinomyces, Enterococcus, Clostridium ed Eubacterium.

 
Secondo un’autrice dello studio, Tanya Alderete, le minoranze razziali e in generale comunità basso reddito sono più svantaggiate sotto il profilo dell’inquinamento ambientale. La stessa ricercatrice, in ogni caso, consiglia, quando possibile, l’allattamento al seno. il latte materno, infatti, spiega la ricercatrice, è una “manna dal cielo” per la salute generale del bambino e può compensare, naturalmente in parte, anche l’effetto negativo dell’inquinamento atmosferico sui bambini stessi. (Qui l’estratto dello studio).

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