L’uscita voluta da Trump, operativa dal 2026, potrebbe influenzare profondamente la gestione delle emergenze sanitarie globali
A cura di Davide Pezza
Titolo elaborato: L’uscita degli Stati Uniti dall’OMS: implicazioni e scenari
Nel primo giorno del suo secondo mandato come presidente degli USA, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per avviare il ritiro del paese dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La decisione, già anticipata durante la sua campagna elettorale, potrebbe avere conseguenze significative. Gli USA, infatti, sono tra i principali finanziatori dell’OMS, e una riduzione dei fondi potrebbe compromettere la capacità dell’organizzazione di gestire emergenze sanitarie e affrontare future pandemie su scala globale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), fondata nel 1948, include tutti i paesi membri dell’ONU, ad eccezione del Liechtenstein. L’OMS si occupa di monitorare e segnalare lo sviluppo di epidemie, promuovere campagne di vaccinazione – come quelle che hanno portato all’eradicazione del vaiolo e alla quasi completa eliminazione della poliomielite – e sensibilizzare su temi di salute pubblica.
Le motivazioni della scelta
Donald Trump ha giustificato la decisione di ritirare gli Stati Uniti dall’OMS criticando l’eccessiva quota finanziaria versata dal paese. Attualmente, il governo statunitense copre circa il 20% del budget annuale dell’organizzazione, con 110 milioni di dollari l’anno di contributi obbligatori e oltre 1,1 miliardi di dollari in donazioni volontarie nel biennio 2022-2023. Tra le motivazioni del ritiro, Trump ha citato anche “la cattiva gestione della pandemia da Covid-19” e “la mancata adozione di riforme necessarie nel funzionamento dell’organizzazione”, senza però fornire dettagli specifici. Durante la pandemia, Trump aveva ripetutamente criticato l’OMS, contestandone le decisioni e basandosi spesso su teorie prive di fondamento scientifico. Tra le accuse mosse vi era anche quella di un’eccessiva influenza cinese sull’organizzazione.
Già nel 2020, Trump aveva avviato le procedure per ritirare gli Stati Uniti dall’OMS, ma il processo, che richiede un anno per essere completato, era stato interrotto dal termine del suo mandato sei mesi dopo. Il suo successore, Joe Biden, aveva successivamente annullato quella decisione. Ora, con un nuovo mandato, Trump avrà il tempo necessario per portare avanti il ritiro, anche se resta incerto se sarà necessaria l’approvazione del Congresso per renderlo definitivo. Attualmente, i Repubblicani controllano sia la Camera che il Senato, e il partito è in gran parte allineato con il presidente. Tuttavia, le maggioranze sono risicate, rendendo una decisione di questa portata e controversia una potenziale sfida politica. Se confermata, l’uscita degli USA dall’OMS diventerà effettiva a gennaio 2026, con conseguenze significative per l’organizzazione, che dovrà affrontare gravi difficoltà finanziarie e operative.
Fondi garantiti fino alla fine del 2025
Dal punto di vista economico, i fondi statunitensi per l’OMS sono garantiti fino al 2025. Successivamente, l’organizzazione dovrà cercare risorse alternative, probabilmente aumentando i contributi degli altri paesi membri, in particolare quelli più grandi e influenti. Tuttavia, è improbabile che l’Unione Europea riesca a sostenere un onere finanziario aggiuntivo o a esercitare un ruolo di leadership più incisivo, viste le attuali difficoltà economiche e politiche di paesi chiave come Germania e Francia. Inoltre, le divisioni interne all’UE complicano ulteriormente la situazione, con alcuni esponenti della destra europea che condividono le posizioni critiche di Trump nei confronti dell’OMS.
Le possibili conseguenze
L’uscita degli USA potrebbe costringere l’OMS a rivedere e ridurre alcune delle sue attività, con possibili ripercussioni anche sulle sue funzioni fondamentali, come la sorveglianza e la segnalazione delle epidemie, la raccolta dei dati sanitari dai paesi membri e la definizione di standard internazionali per le pratiche sanitarie. A risentirne maggiormente potrebbero essere i programmi sostenuti in gran parte dai finanziamenti volontari statunitensi. Tra questi, il fondo per la risposta alle emergenze sanitarie globali, utilizzato in caso di guerre o disastri naturali, così come le iniziative legate alla salute e alla nutrizione o le campagne di prevenzione delle malattie tramite vaccinazione. Questi tagli rischiano di compromettere la capacità dell’OMS di intervenire efficacemente in situazioni critiche e di garantire un supporto sanitario essenziale nei paesi più vulnerabili.
Dal punto di vista medico-scientifico, l’uscita statunitense comporterebbe la cessazione della maggior parte delle collaborazioni tra l’OMS e agenzie statunitensi di rilevanza globale, come il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e la Food and Drug Administration (FDA). Questo isolamento potrebbe rendere gli USA più autonomi nelle questioni sanitarie, ma al contempo priverebbe l’OMS di contributi fondamentali forniti da istituzioni altamente rispettate e dotate di personale qualificato.
Inoltre, l’OMS si avvale di una rete di “centri esterni” a cui appalta parte delle sue attività: attualmente, 72 di questi centri si trovano negli USA, più che in qualsiasi altro paese. Questi centri svolgono un ruolo cruciale, offrendo analisi, ricerche, indicazioni e supporto operativo. I loro contratti, rinnovati ogni quattro anni con l’approvazione congiunta dell’OMS e del governo statunitense, potrebbero non essere più rinnovati, mettendo a rischio la continuità della loro collaborazione e l’efficacia operativa dell’organizzazione.
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