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Malaria, nuove prove a favore degli anticorpi monoclonali

Tempo di lettura: 2 minuti

Le prove derivano dai risultati di un recente studio relativo ad un farmaco sperimentale: CIS43LS, un anticorpo monoclonale in grado di combattere la malaria. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista ‘The New England Journal of Medicine’

La malaria è una malattia che colpisce circa 240 milioni di persone ogni anno, uccidendone oltre 600.000. Di questi, oltre due terzi sono bambini sotto i cinque anni. Si tratta inoltre di una patologia prevalente in maniera importante nella regione africana. L’Organizzazione mondiale della sanità tratta della malaria come di una malattia “prevenibile e curabile” (clicca qui per approfondire), ma in realtà non esistono ancora grandi soluzioni. Sul fronte dei trattamenti preventivi però un aiuto potrebbe arrivare dall’uso degli anticorpi monoclonali. Si tratta di farmaci che nei paesi occidentali sono usati soprattutto per il trattamento di tumori e malattie infiammatorie. Ma, potrebbero rivoluzionare anche quello delle malattie infettive.

A richiamare in causa gli anticorpi monoclonali conto la malaria, tema di cui si parla vivacemente negli ultimi anni, è la pubblicazione dei risultati di uno studio condotto in Mali. Lo studio ha come oggetto l’efficacia di un farmaco sperimentale. Si tratta di CIS43LS: un anticorpo monoclonare in grado di neutralizzare gli sporozoiti, ovvero le forme di plasmodio (il parassita che causa la malattia) che infettano l’uomo tramite puntura di zanzare. Neutralizzando gli sporozoiti l’anticorpo monoclonale impedisce loro di raggiungere il fegato e così al plasmodio di continuare il suo ciclo vitale. 

Il procedimento dello studio

I ricercatori guidati da Robert A. Seder del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) hanno testato l’efficacia del farmaco sperimentale durante la stagione malarica (da luglio a dicembre) in alcune comunità rurali nel Mali. Per farlo hanno somministrato per endovena dosi diverse dell’anticorpo monoclonale (10 o 40 mg di anticorpo per kg di peso corporeo), confrontandolo con un placebo, su un campione totale di 330 persone. Tutti sono quindi stati seguiti per circa sei mesi, testati per rivelare la presenza di plasmodio e, nel caso, curati.

L’anticorpo, soprattutto alle dosi più elevate, si è mostrato piuttosto efficace nel prevenire le infezioni, maggiori nel placebo, un po’ minori in chi aveva ricevuto 10mg/kg dell’anticorpo, e ancora minori in chi ne aveva ricevute 40mg/kg. Col risultato di un’efficacia nel corso di sei mesi per una singola iniezione stimato in circa l’88% per la dose più elevata e nel 75% per l’altra

Sarà inoltre importante considerare come utilizzare gli anticorpi monoclonali, dopo aver magari messo a punto il prodotto ideale. Ad esempio se da somministrare per via sottocutanea o intramuscolo, ad alte concentrazioni e a bassi costi di produzione e distribuzione. La speranza è che possano essere assunti con meno frequenza rispetto ai farmaci chemioprofilattici già utilizzati. In ogni caso da soli potrebbero non bastare, di certo non nelle aree endemiche, come lo stesso team di Seder dichiara in una nota. “Una singola dose di anticorpo monoclonale che previene l’infezione fino a sei mesi potrebbe essere somministrata prima di ogni stagione malarica per i bambini ad alto rischio e nelle fasi precoci di gravidanza. In questo modo si completano le strategie di chemioprevenzione e di altre misure di controllo”.

(Clicca qui per leggere l’estratto originale della ricerca). 


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