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Neuroblastoma: arriva una nuova speranza

Tempo di lettura: 2 minuti

Una strategia inedita potrebbe migliorare l’efficacia delle cure per questo tipologia così complessa di tumore

Il neuroblastoma rappresenta una sfida davvero complessa per la pediatria oncologica ed in generale per tutta la medicina. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni per questo tumore si aggira intorno al 50% per i bambini con forme ad alto rischio. Tuttavia, i risultati di uno studio, condotto dal gruppo di ricerca guidato dal Prof. Roberto Chiarlie (Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, e professore presso il Boston Children’s Hospital e la Harvard Medical School), ha delineato una nuova strategia terapeutica che potrebbe migliorare l’efficacia delle cure per questo tipo di tumore.

Il team di esperti ha in particolare dimostrato che l’utilizzo di cellule CAR T contro il recettore ALK, in combinazione con inibitori di ALK stesso, può portare a risultati promettenti nella cura del neuroblastoma. Le cellule CAR T sono cellule del paziente stesso, modificate il laboratorio in modo che in superficie abbiano un recettore chimerico in grado di riconoscere, in questo caso, il recettore ALK. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista ‘Cancer Cell’.

La terapia con cellule CAR T rappresenta una promettente arma contro il cancro, poiché modifica le cellule T dei pazienti per indurle a riconoscere e attaccare le cellule tumorali in modo più specifico. Tuttavia, le attuali terapie basate su CAR T mostrano solo una parziale efficacia contro molti tumori solidi, inclusi il neuroblastoma, una forma tumorale che spesso ha origine nel tessuto nervoso dei bambini e può diffondersi a diverse parti del corpo.

La nuova strategia

Roberto Chiarle e colleghi hanno creato in laboratorio una nuova terapia cellulare di tipo CAR T per il neuroblastoma e sperano di iniziare presto a sperimentarla clinicamente nei bambini ad alto rischio. Queste CAR T mirano specificamente al recettore ALK, il cui gene è un noto oncogene implicato in molti altri tipi di tumore. Tuttavia, non tutti i pazienti affetti da neuroblastoma presentano livelli sufficientemente elevati di recettori ALK sulle cellule tumorali per attirare un forte attacco da parte delle cellule CAR T.

Guidato dalla ricercatrice Elisa Bergaggio, il gruppo di Chiarle ha provato ad aggiungere al trattamento con cellule CAR T un farmaco inibitore di ALK. Si è scoperto che l’inibitore non solo silenzia la segnalazione oncogenica da parte dei recettori ALK, ma aumenta anche il numero di questi recettori sulla superficie cellulare, offrendo più bersagli per le cellule CAR T nei pazienti con bassa espressione di ALK. I risultati preclinici, pubblicati su Cancer Cell, hanno evidenziato l’efficacia di questa combinazione terapeutica in modelli animali affetti da neuroblastoma metastatico. Si è registrata una significativa riduzione della crescita tumorale e un miglioramento della sopravvivenza nei topi trattati.

Uno studio clinico in programma

Sulla base di tali risultati, il Dana-Farber/Boston Children’s Hospital sta preparando la richiesta di autorizzazione alla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti per avviare uno studio clinico su questa terapia combinata nei bambini affetti da neuroblastoma refrattario alle cure o da una recidiva della malattia. Questo studio clinico avrà luogo a Boston e sarà parzialmente sostenuto dal contributo di filantropi torinesi e piemontesi, con a capo Lucio Zanon di Valgiurata.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio pubblicato su ‘Cancer Cell’.

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