Primo appuntamento della rubrica “PSY TOOLS”.
La mente e il corpo sono un unicum: questa intuizione, vecchia di secoli, oggi ha indiscutibili prove scientifiche. Il Prof. Raffaele Arigliani e la Dott.ssa Dominella Quagliata ci accompagnano a scoprirle
Raffaele Arigliani, Dominella Quagliata[1][2]
Cartesio ha scritto pagine fondamentali per il pensiero dell’occidente, passando ai posteri soprattutto per la famosa frase “cogito, ergo sum”. Possiamo oggi dire, con certezza, che questa frase era sostanzialmente errata. I moderni studi di neurofisiologia e di psicologia applicata ci raccontano che la frase corretta sarebbe stata: “Sum, ergo cogito” .
Cercheremo brevemente di spiegarne il perché.
Attualmente siamo in grado di esplorare il funzionamento del cervello, che va compreso essere l’infrastruttura, la macchina computazionale, da cui vengono espressi pensieri e scelte individuali (attività che definiamo nell’insieme come “mente”). Studi, su cervelli di pazienti sani o ammalati, con le tecniche di neuroimmagine, mentre il soggetto è sottoposto a stimoli sensoriali o emozionali, si arricchiscono delle informazioni genetiche e degli approfondimenti dati dalla biologia molecolare.
Abbiamo imparato che le cellule nervose, oltre 86 miliardi di neuroni, parlano tra loro con connessioni molto precise (sinapsi), tramite mediatori chimici (serotonina, dopamina, adrenalina, noradrenalina, ecc…), che a loro volta attivano specifici recettori cellulari. Si costruiscono in tal modo complesse ed identificabili reti. Non si può parlare di mente e di corpo come due entità distinte: sono tutt’uno, con il corpo che parla al cervello che a sua volta costruisce reazioni che influenzano il corpo.
Le abilità complesse che l’uomo acquisisce, i pensieri inconsapevoli e consapevoli, la “sanità” di mente e le psicopatologie, sono il frutto di questo inscindibile legame tra corpo (tuffato nell’ambiente biologico e relazionale) e cervello. Tra le milioni di reti neuronali che si sviluppano dalla nascita in ragione degli input sensoriali e delle esperienze quotidiane, sono rinforzate e mantenute attive quelle più allenate, più utili. Possiamo oggi dire, in sintesi, che il cervello si sviluppa in ragione degli input che riceve, con l’obiettivo di adattare efficacemente all’ambiente la persona. Dal modo in cui si costruisce la nostra percezione del mondo esterno viene generata la nostra esperienza interna.
Nella conferenza di Minsk dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tenutasi il 21 e il 22 ottobre 2015, i ricercatori di tutto il mondo sono giunti ad una conclusione rivoluzionaria: “L’individuo non è geneticamente determinato, ma è geneticamente programmato per apprendere dall’ambiente, in particolare quello delle prime epoche della nostra vita. Lo stesso patrimonio genetico non è immutabile e vi sono switch di espressività genica in ragione dell’ambiente”. I processi di espressività genica in ragione dell’ambiente possono inoltre essere trasmessi direttamente dal genitore al figlio, superando la tradizionale barriera di trasmissione mendeliana.
Ciò dà una lettura assolutamente innovativa di come e perché si debba lavorare sui fattori ambientali e di prevenzione fin dalle primissime epoche di vita. La sanità psichica e quella fisica, quella che da sempre la medicina ha considerato essere suo terreno esclusivo, non hanno legami distinti ma assolutamente interconnessi. La conoscenza del modo in cui il cervello funziona ci sta dando ulteriori spiegazioni anche su un concetto ben conosciuto: il futuro “sociale” e la stessa prognosi “quoad vita e valitudinem” sono in ragione degli input relazionali e dell’ambiente dove si è vissuti. Le radici della prevenzione sanitaria sono già nel modo in cui cresciamo un bambino nei primi anni di vita.
Se per ipotesi prendiamo tre bambini concepiti lo stesso giorno da genitori con caratteristiche genetiche sovrapponibili, vedremo che ben precocemente la traiettoria di sviluppo nei bambini con svantaggio socio culturale o biologico, che non subiscano alcun intervento di sostegno, sarà molto diversa ed inferiore a quella che sarebbe potuta essere se quel bambino/a avesse ricevuto adeguati sostegni fisici e ambientali. Faranno la differenza fattori strettamente biologici (quali la corretta alimentazione, la supplementazione vitaminica, il fumo materno o l’alcool in gravidanza, le profilassi e le terapie delle malattie infettive, ecc…) e, primariamente, il contesto di crescita relazionale, cardine dell’intero sviluppo della personalità.
Una personalità equilibrata sarà il risultato di accudimento adeguato: capace di stimolare ma anche di contenere, in cui si realizzano relazioni empatiche e positive, con un ambiente familiare-sociale sereno, sicuro, ricco di stimoli adeguati all’età (ad esempio letture di libri ad alta voce, accesso a giochi creativi, esposizione precoce a più lingue, ecc…).
Lo sviluppo di Intelligenza Emotiva (IE) (e quindi di capacità critiche, di spirito civico, di utile inserimento lavorativo e sociale, ecc..), pur nelle differenze delle predisposizioni individuali, è un “risultato di “azioni” del singolo caregivers e dell’intera società. La migliore IE si struttura dapprima con un ottimale ambiente di crescita e formazione nel bambino, poi con una solidale e calda rete sociale intorno all’adolescente e al giovane adulto. Le relazioni con “l’altro da me” sono, come dimostrano Stern e altri autori, la base attraverso cui si costruisce l’identità e definisce la personalità.
Va evidenziato come il cervello sia una struttura plastica, in cui le reti neuronali hanno il loro massimo sviluppo nei primi tre anni di vita e poi a scalare, fino all’età adolescenziale e di giovane adulto. In ogni caso in qualsiasi età una funzione che non viene allenata tende a ridursi: è valido per i muscoli, è valido per il funzionamento del cervello e delle nostre competenze e abilità.
La migliore tutela bio-psico-sociale dell’individuo, fin dalle più tenere epoche e poi per tutta di vita, a partire dalle necessità biologiche e con focus specifici su educazione, formazione, rete sociale, ambiente, sostegno alle fragilità familiari e individuali, dovrebbe pertanto essere “obiettivo prioritario” dell’intera Società. Crescere al massimo delle proprie potenzialità di IE dovrebbe essere unanimamente riconosciuto come un vero “diritto” di ciascun individuo, quindi “obiettivo di fondo” della struttura Sociale.
Su tale diritto andrebbero costruite priorità e normative, andando a focalizzare le potenzialità e criticità anche rispetto all’uso dei media e delle nuove tecnologie. Al fine di contribuire fattivamente allo sviluppo delle riflessioni precedentemente condivise, Italian Medical News, con questo articolo, attiva una rubrica affidata al Sindacato nazionale PLP Psicologi Liberi Professionisti, facilitando così, con un approccio interdisciplinare e interprofessionale, una visione sistemica della persona costituita da mente e corpo. Tutto ciò nella piena consapevolezza, determinata dalle evidenze scientifiche, che “sum, ergo cogito”.
Bibliografia [1]
[1]Dominella Quagliata – Psicologa, Psicoterapeuta, Psicotraumatologa – Presidente Nazionale Sindacato PLP
[2] Raffaele Arigliani – Docente Master di II livello – “Diritto, deontologia e politiche sanitarie” – Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale –“, Direttore Scientifico Scuole di Counselling IMR
- R.Thaler, C. Sunstein, La spinta gentile, Feltrinelli 2018
- J. Ledoux, Il cervello emotivo, Baldini 2015
- D. Kaheneman, Pensieri lenti e veloci, Mondadori 2013
- D. Goleman, Essere leader, BUR Rizzoli 2014
- M. Marmot, La salute disuguale, PSE 2019
- E. Kandel, La mente alterata, Raffaello Cortina Editore 2018
- R. Arigliani, Genitori no stress, Città Nuova 2018
- D. Stern, Nascita di una madre, Mondadori 1999
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