La carenza di due specifiche molecole nel flusso sanguigno potrebbe indicare la presenza della malattia di Alzheimer. Questa è la conclusione a cui sono giunti i ricercatori del NYU Langone Health di New York
A cura di Antonio Arigliani
Il decifit di due molecole nel flusso sanguigno potrebbe rivelare la presenza della malattia di Alzheimer. È quanto riportano i ricercatori del NYU Langone Health di New York in uno studio pubblicato su Molecular Psychiatry. Secondo i dati, la diminuzione dei livelli ematici della proteina acetil-L-carnitina è associata a un peggioramento dei sintomi nei soggetti con lieve deterioramento cognitivo o Alzheimer. In particolare, si è osservato un declino progressivo e costante dei livelli di carnitina libera, il principale sottoprodotto dell’acetil-L-carnitina, in correlazione con la gravità del declino cognitivo.
La riduzione più significativa si è riscontrata nelle donne affette da stadi moderati o avanzati della malattia. Negli uomini, al contrario, si è osservata solo una riduzione dei livelli di acetil-L-carnitina, senza un calo significativo del suo sottoprodotto. Questa differenza potrebbe spiegare la maggiore vulnerabilità delle donne alla malattia di Alzheimer.
Analisi computazionali hanno inoltre evidenziato una correlazione diretta tra i livelli ematici di acetil-L-carnitina e carnitina libera e la presenza di beta amiloide e proteina tau aggrovigliata, marcatori noti per la progressione della malattia. L’accuratezza della diagnosi di gravità della malattia è aumentata significativamente: dall’80%, basato sui livelli di beta amiloide e proteina tau aggrovigliata nel liquido cerebrospinale, al 93% quando è stato considerato anche il deficit delle due molecole di carnitina.
Il modus operandi della ricerca
Lo studio ha coinvolto due gruppi distinti di uomini e donne provenienti dal Brasile e dalla California, comprendenti complessivamente 93 volontari con diagnosi di vari gradi di compromissione cognitiva e 32 individui cognitivamente sani. Questi ultimi sono stati selezionati in base a età, peso e livello di istruzione simili ai partecipanti con compromissione cognitiva. I ricercatori hanno misurato in entrambi i gruppi i i livelli ematici delle due molecole oggetto di studio, con i risultati del gruppo californiano utilizzati per validare le conclusioni ottenute dal gruppo brasiliano.
“I risultati sembrano dimostrare che bassi livelli ematici di acetil-L-carnitina e carnitina libera possano agire come biomarcatori del sangue per identificare pazienti con malattia di Alzheimer e potenzialmente persone a maggior rischio per lo sviluppo di demenza precoce ma anche la diversità di malattia fra uomini e donne” – ha affermato Betty Bigio, ricercatrice principale dello studio.
“Poiché il calo dell’acetil-L-carnitina e della carnitina libera è strettamente correlato alla gravità della malattia di Alzheimer, i percorsi molecolari coinvolti nella loro produzione offrono altri possibili obiettivi terapeutici per arrivare alla causa principale della malattia e potenzialmente intervenire prima che si verifichi un danno cerebrale permanente” – ha aggiunto Carla Nasca, ricercatrice senior dello studio.
Possibili implicazioni e speranze
Se ulteriori studi dovessero confermare questi risultati, potrebbe essere sviluppato un semplice esame del sangue per rilevare la presenza della malattia di Alzheimer. Sia l’acetil-L-carnitina che la carnitina libera sono cruciali per il corretto funzionamento del cervello e per la regolazione del metabolismo energetico cellulare. Lo studio suggerisce che l’acetil-L-carnitina svolga un ruolo essenziale nel trasporto di molecole dai mitocondri, le ‘centrali energetiche’ delle cellule, al nucleo, dove consente l’apertura e l’attivazione dei geni.
Questa attività è particolarmente rilevante per la regolazione dei geni responsabili della produzione del glutammato, un neurotrasmettitore chiave nelle funzioni cerebrali, incluse la riparazione delle cellule nervose e la memoria. Tale processo risulta cruciale per l’ippocampo, la regione del cervello che gestisce le funzioni mnemoniche. Inoltre, i livelli di glutammato sembrano essere collegati a disturbi dell’umore, spesso associati all’Alzheimer, sottolineando ulteriormente l’importanza di queste molecole nella salute cerebrale.
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