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Cancro al seno: scoperto nuovo meccanismo nelle forme aggressive

Tempo di lettura: 3 minuti

All’origine dell’intero processo c’è verosimilmente p140Cap, una proteina in grado di inibire la crescita tumorale

Identificata una nuova chiave di lettura per comprendere le forme di cancro al seno più aggressive. Il dato emerge da una ricerca condotta in collaborazione tra due gruppi di scienziati provenienti dall’Università di Torino e dalla Statale di Milano. I risultati dello studio sono pubblicati sulla prestigiosa rivista ‘Nature Communications’.

La ricerca ha portato alla scoperta di un inedito meccanismo molecolare con cui i tumori mammari si arricchiscono in cellule staminali tumorali. A loro volta queste cellule, da un lato, funzionano da forza motrice della crescita della massa tumorale; dall’altro sopprimono la riposta immunitaria naturale che, a livello del microambiente circostante il tumore, dovrebbe invece contrastare la crescita del cancro. 

Il ruolo della proteina p140Cap

All’origine dell’intero processo c’è verosimilmente p140Cap, una proteina in grado di inibire la crescita tumorale. La sua assenza, che caratterizza almeno il 40-50% di tutti i casi di cancro al seno, determina una cascata di eventi che portano all’attivazione incontrollata del gene responsabile della sintesi di beta-Catenina, una potente proteina coinvolta nella crescita tumorale. Una volta attivata, la beta-Catenina provoca l’espansione del compartimento delle cellule staminali tumorali. A loro volta queste cellule rilasciano citochine anti-infiammatorie, inibendo così direttamente la risposta immunitaria anti-tumorale e creando un ambiente favorevole all’ulteriore crescita del tumore.

“La proteina p140Cap – spiega la professoressa Paola Defilippi, tra i coordinatori dello studio – si comporta come una specie di interruttore molecolare che, tramite l’inibizione di beta-Catenina e la conseguente riduzione del compartimento delle cellule staminali tumorali, esercita una duplice funzione anti-tumorale: inibisce l’espansione della massa tumorale e sostiene una efficiente risposta immunitaria anti-tumorale nel microambiente circostante”.

“p140Cap potrebbe essere utilizzata come un utile biomarcatore nella pratica clinica”


Anche il professor Salvatore Pece, coordinatore insieme alla professoressa Defilippi, ha commentato l’importanza della scoperta. “Attraverso studi clinici retrospettivi in coorti di pazienti abbiamo dimostrato una chiara correlazione tra bassi livelli della proteina p140Cap nelle forme più aggressive di cancro al seno e ridotta presenza di cellule del sistema immunitario, in particolare linfociti, nelle aree circostanti il tumore. Questi dati suggeriscono che p140Cap potrebbe essere utilizzata come un utile biomarcatore nella pratica clinica. In particolare può essere utile per identificare i tumori mammari con alterazioni della risposta immunitaria antitumorale”.

La nostra scoperta – prosegue l’esperto – dell’esistenza di un nuovo circuito molecolare p140Cap/beta-Catenina, apre a una prospettiva concreta per la stratificazione a fini terapeutici delle pazienti con tumore mammario che hanno perduto p140Cap. Tale perdita è infatti alla base dell’acquisizione contemporanea di entrambe queste caratteristiche aggressive della biologia dei tumori mammari. Grazie a questi risultati le pazienti potrebbero beneficiare in futuro di nuove terapie per colpire le cellule staminali tumorali e ripristinare una efficiente risposta immunitaria contro il cancro. Terapie di questo tipo sono oggi l’obiettivo delle principali linee di ricerca per lo sviluppo di nuovi farmaci in oncologia”.

“Questo studio rappresenta per noi motivo di grande soddisfazione – conclude il professor Pece. Non solo per la sua valenza scientifica ma anche perché dimostra l’importanza dello sforzo cooperativo tra gruppi di ricerca che fondono differenti competenze scientifiche e piattaforme tecnologiche per far avanzare la conoscenza della biologia dei tumori mammari. È fondamentale aprire nuove prospettive terapeutiche per le pazienti”.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio. 

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