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Il cervello può ammalarsi per stress: studio svela i meccanismi

Tempo di lettura: 2 minuti

Uno studio di medicina evoluzionistica, pubblicato sul ‘Journal of Neuroscience’ e coordinato dall’Università Statale di Milano, fa luce su alcuni meccanismi di disturbo per il cervello

Troppo stress aumenta il rischio di sviluppare malattie psichiatriche. È questo il resoconto finale di un lavoro pubblicato sul ‘Journal of Neuroscience’ e coordinato dall’Università Statale di Milano. Lo studio, però, apre anche all’identificazione di nuove strategie terapeutiche contro questi disturbi. In linea di massima, la medicina evoluzionistica fa luce sui meccanismi che hanno reso il cervello dell’uomo più complesso e di conseguenza anche più vulnerabile

E’ la stessa UniMI, a pubblicare sul proprio sito una nota di approfondimento del tema in questione. “La medicina evoluzionistica è un approccio della ricerca biomedica che intende contribuire alla comprensione del percorso evolutivo che ha portato gli esseri umani al loro stato attuale. Questo tipo di indagini sono un prezioso strumento per capire l’evoluzione delle funzioni più complesse del cervello umano. Emozioni, linguaggio, creatività, ma anche dei meccanismi alla base di alcune patologie specifiche dell’organo. E’ questo approccio – prosegue la nota – che ha guidato lo studio del gruppo di Elena Battaglioli e Francesco Rusconi, del Dipartimento di Biotecnologie mediche e Medicina traslazionale della Statale. Ricerca svolta principalmente da Chiara Forastieri, in collaborazione con Beatrice Bodega e Valeria Ranzani”.

ll processo molecolare dei primati superiori e dell’uomo

“Il lavoro – prosegue ancora la nota – descrive un rilevante processo molecolare proprio unicamente dei primati superiori e dell’uomo. Grazie a ciò, il fattore RbFOX1 acquisisce evolutivamente la capacità di regolare i livelli cerebrali di LSD1, un noto regolatore della risposta allo stress ambientale. In questo modo i due enzimi, RbFOX1 e LSD1, particolarmente espressi nel cervello e già caratterizzati per il loro indipendente ruolo omeostatico di protezione di neuroni eccitatori e dei circuiti legati al controllo delle emozioni, diventano in grado di collaborare nel cervello umano”.

“Ciò contribuisce ad aumentare considerevolmente la complessità molecolare dei processi cognitivo-emotivi necessari per l’adattamento l’ambiente. Il risvolto della medaglia è che, al crescere della complessità di un sistema, aumenta la sua vulnerabilità. Questa ricerca – conclude la nota – può contribuire a comprendere alcuni dei processi patologici innescati da forte stress emotivo che portano allo sviluppo di derive psichiatriche. Questo ci permette anche di evidenziare nuovi possibili target farmacologici”.

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