Nel nostro Paese non sembrerebbero implementate in modo omogeneo le tecnologie ‘Next generation sequencing’ e i ‘Molecolar Tumor Board’
Le tecnologie ‘Next generation sequencing (NGS)’, ovvero dei test di profilazione genomica in grado di analizzare l’intero genoma umano, e i ‘Molecular Tumor Board (MTB)’, dei team interdisciplinari di esperti dedicati all’interpretazione clinica dei nuovi dati disponibili, sono le nuove frontiere per la gestioni dei tumori. Purtroppo però, tali cure oncologiche non sono implementate in modo omogeneo in Italia. Una disparità che potenzialmente mette a rischio le pari opportunità di accesso alle terapie innovative per i pazienti.
È un dato di fatto che l’offerta dei servizi è eterogenea. Nei Centri specializzati per terapie oncologiche il sequenziamento di nuova generazione (NGS) è utilizzato solo nel 50% dei casi. I ‘Molecular Tumor Board (MTB)’ sono presenti a macchia di leopardo, in 13 regioni su 19 e con una grande variabilità di modelli organizzativi. Sono questi i principali risultati emersi dalla Survey nazionale condotta dal Collegio Italiano dei Primari Oncologici Ospedalieri (CIPOMO) nell’ambito del Progetto Oncologia di Precisione. I risultati sono inoltre visibili sulla rivista internazionale ‘The Oncologist’.
Complessivamente hanno partecipato all’indagine 129 Direttori di Dipartimenti di Oncologia medica di 19 regioni italiane, rappresentativi di oltre il 98,5% della popolazione e di diverse istituzioni, tra cui aziende sanitarie (45,1%), ospedali pubblici (36,3%), ospedali universitari pubblici (10,6%), istituti scientifici di ricerca (3,5%) e professionisti privati (0,9%).
I risultati emersi
Vediamo qualche dato nel particolare. Nelle strutture che utilizzano il sequenziamento NGS, i laboratori sono collocati nell’81,4% dei casi internamente alla struttura o nella rete regionale. Solo il 18,6% si rivolge ai servizi privati. Per quanto concerne gli aspetti legati al rimborso, la maggior parte degli intervistati (57,7%) non sapeva se la propria Regione avesse definito tariffe specifiche per questo tipo di analisi.
Per quanto riguarda i MTB, dalla Survey emerge che erano presenti e formalmente decretati in 12 regioni: Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania e Sicilia. In Puglia (la tredicesima) era presente ma non ancora formalmente decretato. Il 43,7% dei professionisti afferma di non aver mai avuto bisogno di segnalare al MTB casi per consulenza. O ancora, il 32,4% ritiene che l’attuale organizzazione delle MTB nel proprio contesto non soddisfi le proprie esigenze.
Chiedendo ai professionisti quale sia il livello più opportuno per l’istituzione di un MTB è emerso che il 38,6% preferirebbe un MTB regionale. Il 43,6% riterrebbe più funzionale invece quello intraregionale e il 17,8% considera invece che la coesistenza di una MTB locale per l’attività clinica di routine e di un MTB regionale di coordinamento possa essere la soluzione migliore. Altro tassello problematico è quello relativo alla registrazione delle attività cliniche dei MTB, fattore fondamentale. Tuttavia, il 31,3% degli intervistati ha riportato di non essere a conoscenza dell’esistenza di un database per le discussioni di MTB e il 26,9% ha affermato di non utilizzarne alcuno.
Il parere del Presidente Luigi Cavanna
A commentare l’intera situazione è il Presidente del CIPOMO, Luigi Cavanna. “Sulla base di questa analisi le istituzioni di Governo possono trarre utili spunti per affinare i provvedimenti e per applicarli nei diversi ambiti. Bisogna tener conto degli elementi essenziali necessari per rendere l’Oncologia di Precisione fruibile a tutti i potenziali destinatari. Tra questi – ha spiegato Cavanna – la popolazione e l’estensione geografica. Ma anche i modelli organizzativi, le esperienze già in corso e le dinamiche di veloce e evoluzione delle conoscenze”.
Fonti: Survey CIPOMO.
Articolo su ‘The Oncologist’.
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