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Depressione e disturbi d’ansia: questa è la quinta ondata della pandemia

Tempo di lettura: 3 minuti

Aumento dei casi di depressione e disturbi d’ansia: le parole del presidente Sinpf

Con un aumento del 26% della depressione e con un +28% dei disturbi d’ansia. La quinta ondata della pandemia in Italia è già in atto: è quella che affligge la mente. Non dei pazienti Covid, ma della popolazione generale, a partire dalle categorie più fragili. Come le donne, gli anziani e i giovani, colpiti dai principali fattori di rischio che sono l’impoverimento, la disoccupazione e l’isolamento“.

La dichiarazione è del copresidente della Sinpf ripresa da il Sole 24 Ore durante il congresso di questi giorni.

Si tratta del frutto di un grande studio effettuato su 80mila ragazzi. Pubblicato dal Jama Pediatrics e che è servito per trarre uno spunto di riflessione sulla situazione degli adolescenti che stanno vivendo questa pandemia. Con uno strascico abbastanza preoccupante. Un adolescente su quattro, infatti, ha sintomi di depressione, uno su cinque di ansia. Casi che sono raddoppiati rispetto al periodo pre pandemico. Una situazione che è cambiata nel corso del tempo con dati che sono andati via via peggiorando. E questo può lasciare uno strascico futuro.

Un problema che potrebbe toccare gli adolescenti più dei bambini

Più dei bambini – chiarisce Mencacci – ci preoccupano gli adolescenti. Ridotte ore di sonno, aumento dell’aggressività, abuso di Internet anche nelle ore notturne, eccesso di videogiochi. Sono comportamenti indotti dal confinamento ma anche sintomi della depressione”.

Ecco che torna d’attualità il fenomeno del Long Covid della mente. Quello che può condizionare la vita delle persone con ripercussioni negative sotto tanti punti di vista

Le conseguenze – attesta lo studio – sono più negative per chi soffre di depressione durante l’adolescenza rispetto alla prima infanzia. E soprattutto per chi ‘trascina’ i sintomi depressivi senza che vengano risolti da un adeguato trattamento. Le ripercussioni sono infatti attenuate in chi è stato gestito dai Servizi di salute mentale.

Situazione peggiore in Italia, specie dopo i continui tagli al personale.

Una grossa mano l’avrebbe potuta dare il bonus psicologico ma è stato ritirato

Il personale non c’è – avvisa Mencacci – tanto che registriamo una sorta di arretramento della riforma psichiatrica perché mancano professionisti, nell’ordine del migliaio. Il territorio è scoperto, così come sono scoperti gli ospedali dove sono stati chiusi molti reparti perché non c’era chi li facesse funzionare. Un fatto gravissimo, così è impossibile sia fare prevenzione che curare”.

Abbiamo bisogno – continua lo psichiatra – di un Pnrr che parli chiaramente di salute mentale: non ho visto grandi righe su questo tema mentre servono risorse per interventi multidisciplinari, anche in raccordo con gli psicologi, servono prevenzione, interventi precoci e trattamenti scientificamente dimostrati. Dobbiamo essere in grado di fare scelte basate sulle evidenze e laiche, dati alla mano e secondo appropriatezza, anche nella eventuale somministrazione di farmaci in caso di sintomi gravi“.

Ma prima di tutto alla scuola, che dall’ultima legge di Bilancio ha ricevuto 20 milioni per il sostegno psicologico.

La scuola è una boccata d’ossigeno per i ragazzi, un ricostituente della mente: la decisione di tenerla aperta malgrado le difficoltà organizzative va assolutamente preservata”.

Una grossa mano l’avrebbe potuta dare il bonus psicologico, pensato e poi ritirato. Si parlava di 50 milioni, una cifra che avrebbe fatto sicuramente comodo per affrontare un problema che è attuale. Ma che può avere uno sviluppo nel corso del tempo.

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