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Diabete: il 70% dei casi dipende dall’alimentazione

Tempo di lettura: 2 minuti

Lo rivela una ricerca elaborata da un gruppo di ricercatori della Tufts University (Boston) e pubblicata sulla rivista ‘Nature Medicine’

Un’alimentazione povera e squilibrata causa oltre 14 milioni di casi di diabete nel mondo. A rivelarlo è un lavoro pubblicato su Nature Medicine da un gruppo di ricercatori della Tufts University di Boston. Gli esperti hanno preso in esame i dati relativi al 1990 e al 2018, concludendo che 7 casi su 10 (circa il 70%) sono riconducibili a scelte alimentari sbagliate. 

Sarebbero 4, secondo lo studio, i principali fattori che hanno contribuito in misura maggiore all’aumento del diabete a livello mondiale: scarsa qualità dei carboidrati, scarso consumo di cereali integrali, eccesso di riso e cereali bianchi, e consumo eccessivo di carne lavorata come salsicce, wurstel e hamburger. Inoltre, a contribuire al dato sarebbe anche un consumo eccessivo di succhi di frutta, così come lo scarso consumo di verdure, noci e semi. 

“Il nostro studio suggerisce che la scarsa qualità dei carboidrati è uno dei principali fattori che spiegano i casi di diabete attribuibili alla dieta – dichiara Dariush Mozaffarian, autore principale del lavoroCi sono comunque importanti variazioni a livello nazionale e nel tempo. In ogni caso, questi nuovi risultati rivelano aree critiche su cui concentrarsi per migliorare la nutrizione e ridurre il peso devastante del diabete”.

Nel confronto fra il 1990 e il 2018, i casi di diabete si sono mostrati in aumento in tutti i 184 paesi analizzati. La cattiva alimentazione sembra esercitare la sua influenza negativa soprattutto sugli uomini, fra i giovani e fra i residenti in città. Il maggior aumento di incidenza di casi si è registrato in Polonia e Russia, paesi in cui è alto il consumo di carne lavorata e patate. Alti livelli sono emersi anche in America Latina e nei Caraibi, soprattutto a causa dell’elevato consumo di bevande zuccherate e scarsa assunzione di cereali integrali.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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