Il suo nome è Hemgenix ed è una terapia genica per il trattamento dell’emofilia B. Il costo è di 3,5 milioni di dollari a dose
A cura di Davide Pezza
La Food and Drug administration (Fda), ente regolatorio degli Stati Uniti d’America, ha approvato il farmaco più caro al mondo. Il suo nome è Hemgenix e si tratta di un medicinale per curare l’emofilia B, rara malattia genetica. La terapia genica, prodotta dall’azienda farmaceutica CSL Behring costerà 3,5 milioni di dollari a dose, il che lo renderà il farmaco più costo al mondo. Secondo gli studi clinici condotti fino ad ora, Hemgenix sarebbe in grado di eliminare, in più della metà dei pazienti testati, gli episodi di sanguinamento associati alla patologia, con un importante potenziale risparmio sui costi sanitari. In Europa il medicinale è ancora in fase di valutazione da parte dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema).
Che cos’è l’emofilia B
L’emofilia B è una rara malattia genetica che colpisce un caso su 30.000 nella popolazione generale. La patologia è causata dalla mancanza di un fattore della coagulazione del sangue, proteina necessaria per bloccare le emorragie in caso di ferite. Dal momento che la malattia è collegata al cromosoma sessuale X, la maggior parte dei soggetti che manifestano i sintomi sono uomini. Tra i sintomi più comuni ci sono episodi di sanguinamento prolungato o abbondante a seguito di ferite, traumi e/o interventi chirurgici. Nei casi più gravi, i sanguinamenti possono anche avvenire spontaneamente, senza una chiara causa; questi episodi possono causare gravi complicazioni, come emorragie nelle articolazioni, nei muscoli o negli organi interni.
Come agisce Hemgenix
Ad oggi l’emofilia B si cura somministrando il fattore di coagulazione mancante a scopo preventivo, in modo da scongiurare gli episodi di sanguinamento. Nei casi più gravi si richiede un trattamento di routine con infusioni endovenose; questo però, col tempo, può diminuire di efficacia. Hemgenix funziona invece in modo diverso. Si tratta di un vettoriale adenovirale somministrato in endovena in singola dose; al suo interno trasporta il gene per il fattore di coagulazione mancante. Una volta in circolo, il gene viene espresso nel fegato, luogo in cui produce la proteina necessaria per prevenire gli episodi di sanguinamento.
L’efficacia e la sicurezza del nuovo farmaco sono state valutate in due studi clinici condotti su 57 uomini con emofilia B grave o moderatamente grave. In uno degli studi i pazienti hanno registrato un aumento dei livelli di attività del fattore di coagulazione mancante (con conseguente minore necessità di sottoporsi al trattamento a scopo preventivo) e una riduzione del 54% del tasso di eventi emorragici annuali. Le reazioni avverse più comuni associate al medicinale includevano un aumento degli enzimi epatici, cefalea, lievi reazioni legate all’infusione endovena e sintomi simil-influenzali.
Clicca qui per leggere il comunicato della Food and Drug Amministration (Fda).
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