Continuano le tappe di ‘Conoscere l’Oncologia’, il programma dedicato all’approfondimento delle tematiche oncologiche. In questa occasione al centro dell’intervista è il Dott. Vincenzo Tortora che ha esaminato dettagliatamente il panorama dei tumori delle vie urinarie
‘Conoscere l’Oncologia’ rappresenta il format di Italian Medical News dedicato all’analisi approfondita delle tematiche oncologiche. Attraverso interviste a specialisti provenienti da ogni angolo d’Italia, affronteremo una vasta gamma di argomenti legati al campo dell’oncologia. I tumori maligni delle vie urinarie sono entità eterogenee di patologie neoplastiche originate dalla trasformazione in senso maligno delle cellule che rivestono la superficie interna di strutture diverse tra loro quali pelvi renale, ureteri, vescica e uretra, accomunate dalla similare funzione di accogliere, raccogliere e convogliare verso l’esterno le urine prodotte quale scarto della funzione emuntoria dei reni, per poi essere eliminate dal corpo.
Per saperne di più abbiamo deciso di intervistare un esperto del settore: il Dott. Vincenzo Tortora, Dirigente Medico Oncologo presso l’Azienda Sanitaria Locale di Vercelli. Le sue risposte esaustive hanno fornito chiarezza a tutte le domande poste durante l’intervista.

I tumori delle vie urinarie spiegati in linee generali
Dottore, può introdurci il tema dei tumori delle vie urinarie spiegandoci in poche battute in cosa consiste?
“Il tumore della vescica rappresenta, purtroppo, una delle dieci neoplasie più frequenti a livello generale. Il cancro alla vescica rappresenta circa il 3,2% di tutti i tumori solidi1 e, in ambito genito-urinario, è secondo solo al tumore della prostata, mentre i tumori delle alte vie urinarie sono considerabili sostanzialmente come patologie rare, secondo quella che è la corrente definizione italiana. La maggior parte di tutti i casi di tumori delle vie urinarie è costituito, dal punto di vista istopatologico, da carcinomi uroteliali. Il principale fattore di rischio predisponente è considerato essere il fumo di sigaretta.”
È corretto affermare che il carcinoma a cellule di transizione rappresenta l’istologia più frequente?
“È assolutamente corretto. Rappresenta infatti più del 90% dei tipi di tumori delle vie urinarie. Sostanzialmente si tratta dell’unico vero tumore; al suo interno può presentare delle componenti come il plasmocitoide o il micropapillare, ma che sono in ogni caso delle sotto-varianti del carcinoma uroteliale che è il principale in maniera indiscussa. In qualche raro caso ci sono altri due tipi di tumore: il carcinoma squamoso, fortemente correlato all’età e al fumo, e l’adenocarcinoma che è più frequente in popolazioni come gli asiatici o gli egizi che hanno fattori predisponenti differentirispetto agli europei. In ogni caso parliamo spesso di un tumore univoco per istopatologia e molto semplice da categorizzare”.
Fattori di rischio e prevenzione
Possiamo affermare che il fumo di sigaretta sia la principale causa di tumore uroteliale delle vie urinarie?
“Sì. Le neoplasie uroteliali hanno una prevalenza nettamente superiore nei maschi (in cui arrivano a superare l’11% di tutti i tumori)2, e negli anziani sopra i 70 anni d’età, ma soprattutto il più forte fattore di predisposizione (modificabile) è il fumo (fumo di tabacco più generalmentedi sigarette, sigari e pipa quali veicoli dell’esposizione); i fumatori sono infatti decisamente a più alto rischio rispetto ai non fumatori. Questa situazione è quasi paragonabile a quanto avviene nel tumore polmonare”.
“Se esordito o progredito in stadio avanzato, parliamo di una delle tipologie di cancro che presenta la più elevata mortalità in assoluto. Diventa quindi fondamentale diagnosticarle in fase precoce e quindi fondamentale è la prevenzione secondaria, ma anche e soprattutto la prevenzione primaria, rappresentata da cambiamentodegli stili di vita dei singoli ed in particolare l’astensione dal fumo. In questo senso l’abitudine al fumo è uno dei fattori di rischio modificabili (appunto) fondamentali su cui risulta più importante agire con campagne d’informazione e provvedimenti del legislatore al fine di ridurre l’incidenza di neoplasie delle vie urinarie, oltre che del polmone e del pancreas”.
Oltre al fumo, quali sono i principali fattori di rischio? Esistono forme ereditarie?
“La stragrande maggioranza dei casi sono sporadici, cioè non associati a sindromi ereditarie, e il carcinoma uroteliale non è, ad oggi, considerato tra le forme neoplastiche a trasmissione familiare/ereditaria, anche se un rischio aumentato di insorgenza è stato tuttavia documentato, specie per le forme dell’alta via escretrice (pelvi renale e uretere), in famiglie con carcinoma colorettale ereditario non poliposico (sindrome di Lynch)1 con un impatto non superiore comunque al 10% dei casi totali3. In aggiunta sono state documentate alcune alterazioni dei geni BRCA1/2 (le cui mutazioni sono associate alla Hereditary Breast and Ovarian Cancer Syndrome, HBOC)”.
“Al fumo, si aggiungono tra i fattori ambientali anche l’esposizione ad arsenico, prodotti chimici di sintesi o derivati dalla conservazione di cibi e fattori occupazionali. L’esposizione professionale è responsabile del 5-10% dei tumori della vescica4: il rischio è più alto nei lavoratori del tabacco e dei coloranti (un tempo anche la categoria dei parrucchieri atta a manipolare coloranti per capelli senza dispositivi di protezione [guanti] risultava a rischio). Tra i cancerogeni ambientali l’esposizione all’arsenico presente nell’acqua potabile è una causa riconosciuta di tumore alla vescica, così come le amine aromatiche e i pesticidi utilizzati in agricoltura. Un peso maggiore sembra averlo l’assunzione di acido aristolochico, utilizzato per le sue proprietà purgative e diuretiche in alcune regioni orientali”.
“In ultimo anche l’uso della radioterapia per il trattamento di pregressi tumori della prostata e tumori ginecologici è associato ad un aumento del rischio2,5. Come avviene per molte altre neoplasie, anche lo stile di vita (e non solo l’abitudine al fumo) costituisce un fattore di rischio significativo. Una dieta ricca di grassi, la mancanza di attività fisica, e l’obesità sono tutti fattori predisponenti che generalmente favoriscono lo sviluppo dei tumori. Se è vero che l’alcol ed un eccesso di carni rosse comportano un lieve aumento di rischio, al contrario l’assunzione di vitamina D ed un consumo quotidiano di frutta e verdura sembrano avere un effetto protettivo5-6”.
Dottore, ha parlato di prevenzione secondaria e dunque allo screening. Ci può spiegare quali sono le attuali prospettive?
“Certamente. I tumori delle vie escretrici soddisfano purtroppo solo però alcuni dei criteri necessari per uno screening di popolazione: si tratta di una patologia rilevante per incidenza nella popolazione generale solo se ci riferiamo al tumore della vescica, ci sono strumenti per riconoscere la malattia in una fase asintomatica o comunque precoce e un buon rapporto costo/benefici delle tecniche disponibili7“.
“Due studi non randomizzati hanno dimostrato che il test dell’ematuria in soggetti asintomatici porta alla riduzione di tumori avanzati e potrebbe migliorare la sopravvivenza8-9, che è esattamente l’obiettivo che ci si pone per eventualmente proporre un test di screening. I benefici maggiori appaiono, in realtà, nelle popolazioni ad alto rischio: forti fumatori o soggetti esposti per motivi professionali, ma i risultati non sono definitivi. La cistoscopia è il principale strumento diagnostico standard di riferimento, ma è invasiva. I trattamenti possono essere anch’essi invasivi. Infine nessun biomarcatore urinario ha dimostrato di essere migliore della citologia e della cistoscopia urinaria, e né la European Association of Urology (EAU) né il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) raccomandano biomarcatori urinari10-11”.
Sintomi, diagnosi e trattamento della malattia localizzata
Quali sono i principali sintomi che devono far scattare un campanello d’allarme?
“Sfortunatamente, questa rappresenta la sfida principale nel caso dei tumori delle vie urinarie. Molto frequentemente, si tratta di tumori silenziosi. Il loro primo manifestarsi è più spesso evidenziato dalla presenza di sangue nelle urine, sotto forma di ematuria microscopica (non visibile e detectata solo dall’esame urine) oppure di ematuria franca riferita dal paziente, e questo segno/sintomo deve essere valutato attentamente, considerando che può presentarsi solo occasionalmente e scomparire nelle settimane successive. Questa variabilità tuttavia rende spesso il sintomo sottostimato, scambiato frequentemente come conseguenza di una semplice cistite. In definitiva, parliamo dunque di un cancro spesso silente e di un sintomo, quello del sangue nelle urine, spesso molto sottovalutato”.
“Un altro sintomo è la pollachiuria (l’aumento delle volte in cui si va ad urinare), associato talvolta a dolore in occasione dell’atto della minzione, fastidi e prurito… tutte espressioni della presenza di irritazione della vescica, ma fenomeni non associati con neoplasie delle altre vie urinarie. Al contrario, in casi tuttavia molto rari, i tumori ureterali possono manifestarsi clinicamente con una colica renale causata dall’ostruzione della via. Si tratta comunque di sintomatologie associate purtroppo a una patologia già avanzata“.
Come avviene solitamente la diagnosi?
“Nelle forme localizzate in uretra e vescica la diagnosi avviene generalmente per mezzo di cistoscopia e biopsia della/e lesione/i sospette. È importante distinguerne le forme superficiali non infiltranti o localizzate alla mucosa (due terzi circa dei casi: carcinomi in situ [Cis], Ta, T1) dalle forme infiltranti la tonaca muscolare (≥T2). Il trattamento e la prognosi differiscono in modo sostanziale a seconda che si tratti di forme superficiali, muscolo-infiltranti o metastatiche. Nel primo caso la malattia va sottoposta a resezione endoscopica vescicale transuretrale (TUR-BT, Trans Urethral Resection of Bladder Tumor) sia a scopo diagnostico-stadiativo che terapeutico (aggiungendo, nel caso di conferma istologica di forma superficiale, Cis, Ta, T1, alla resezione endoscopica dei trattamenti chemioterapici o immunoterapici endovescicali post-operatori (con instillazione direttamente in vescica di mitomicina o BCG rispettivamente) allo scopo di ridurre i tassi di recidiva (frequenti) o di progressione della malattia a tumore muscolo-infiltrante”.
“Discorso similare vale per l’utilizzo dell’uretroscopia a scopo diagnostico per le neoplasie delle alte vie escretrici, con la differenza sostanziale della impossibilità a sottoporre i pazienti a instillazioni post-procedurali e di un più alto tasso di malattia muscolo-invasiva e di recidive.”
Passiamo ora ad un discorso terapeutico. Quali sono le attuali possibilità di trattamento per il tumore localizzato all’organo di origine?
“Il trattamento di scelta della malattia muscolo-infiltrante è rappresentato dalla cistectomia radicale nel caso di malattia limitata alla vescica e nefroureterectomia per localizzazioni ureterali o renali, associate quando possibile a chemioterapia preoperatoria con schemi a base di cisplatino (cisplatino e gemcitabina, dose dense (dd) M-VAC), con dimostrato vantaggio in sopravvivenza, e a ricostruzione vescicale ortotopica con ansa intestinale od ureterocutaneostomie; in alternativa è possibile valutare trattamenti chemioterapici adiuvanti. Ci sono inoltre anche dati preliminari a favore di possibili trattamenti neoadiuvanti ed adiuvanti (pre e post-chirurgia) con farmaci immunoterapici e di ultima generazione (immunoconiugati) e di loro combinazioni. In una minoranza di casi di malattia muscolo infiltrante, favorevolmente selezionati è anche possibile proporre strategie di preservazione della vescica (“bladder sparing”) caratterizzate da trattamenti integrati, la terapia trimodale così definita per la combinazione di TURB, chemioterapia e Radioterapia.”
Le opzioni terapeutiche della malattia avanzata
Cosa può dirci invece in merito a eventuali progressi nella fase avanzata di questa tipologia di cancro?
“Come ampiamente anticipato, raggiungere una diagnosi precoce è di vitale importanza, specialmente se il tumore si sviluppa nella zona più superficiale della mucosa dell’organo e se le cellule tumorali mostrano una limitata invasività. In tali casi, è possibile trattarle mediante interventi mirati alla rimozione delle aree tumorali ed alla prevenzione di ulteriore diffusione mediante l’instillazione di agenti antineoplastici o immunoterapici. In genere, l’urologo gestisce l’intero percorso terapeutico relativo alla fase iniziale. Le terapie resettive endoscopiche e chirurgiche (associate alle instillazioni per le neoplasie vescicali) mostrano elevati tassi di guarigione. Tuttavia, nel corso del tempo, si verificano frequentemente casi di ricorrenza della malattia. Pertanto, i controlli urologici regolari sono fondamentali per coloro che hanno intrapreso questo percorso”
“La tempestività della diagnosi è cruciale in questo contesto. È un tipo di cancro che può essere facilmente gestibile quando viene riscontrato nelle fasi iniziali; al contrario è molto difficile da trattare quando esordisce o recidiva in fase avanzata nel corso dei suddetti controlli.
Purtroppo, le recidive di malattia sono molto frequenti così come il riscontro di malattia avanzata all’esordio e ciò costituisce ancora oggi la sfida più significativa per l’oncologo. Le prospettive di guarigione per un carcinoma uroteliale metastatico sono oggettivamente ridotte, e le probabilità di ottenere prolungate sopravvivenze con la malattia avanzata sono ancora troppo basse essere considerate soddisfacenti. La terapia di prima linea in Italia è sempre tuttora stata rappresentata dalla chemioterapia a base di platino (cisplatino per i pazienti eleggibili a tale trattamento, carboplatino per gli altri); un netto miglioramento delle prospettive di cura di questi pazienti è stato rappresentato dall’indicazione e rimborsabilità, grazie ai risultati dello studio Javelin Bladder 100, di un trattamento di mantenimento immunoterapico con avelumab nei pazienti non progrediti alla terapia a base di platino, confrontato nel disegno del trial con la solo terapia di supporto12“.



“Recentemente, è stata introdotta tra le indicazioni dei pazienti platino-ineleggibili anche l’immunoterapia con pembrolizumab, che risulta tuttavia non rimborsabile in Italia. Negli ultimi anni, sono anche stati introdotti trattamenti dal nuovo meccanismo d’azione nelle linee successive alla prima, come per esempio un farmaco a bersaglio molecolare enfortumab vedotin in grado di veicolare un agente chemioterapico direttamente alle cellule tumorali (appartenente alla categoria dei farmaci ADC, Antibody Dependant ImmunoConjugates), a cui si lega attraverso una molecola di superficie, la nectina-4. Questo farmaco rappresenta senza dubbio una risorsa terapeutica aggiuntiva nel nostro armamentario, sebbene al momento non abbia ancora dimostrato di aumentare le probabilità di guarigione, ma piuttosto di estendere la sopravvivenza”.
“Stiamo anche esplorando altri farmaci a bersaglio molecolare, alcuni dei quali si trovano attualmente in fase di studio e mostrano promettenti risultati nel mirare specifiche mutazioni delle cellule tumorali e nell’attaccare in modo mirato le cellule portatrici, come erdafitinib diretto contro i tumori con alterazioni di FDGFR.”
Il commento finale dello specialista
Vuole aggiungere dell’altro?
“Certo, assolutamente. Ci tengo molto ad enfatizzare la necessità di incrementare gli sforzi rivolti alla prevenzione primaria attraverso la lotta contro il fumo di tabacco, un’abitudine dannosa che rappresenta il principale fattore di rischio per questo tipo di tumori. Allo stesso tempo, è fondamentale non trascurare mai i sintomi, specialmente nei tabagisti, poiché effettuare diagnosi precoci è essenziale, potendo fare la differenza tra la guarigione e la non guarigione. Diagnosi e opportuno trattamento di queste patologie è indispensabilmente legato alla collaborazione degli specialisti oncologi, radioterapisti e urologi in team multisciplinare, senza cui la tempestività e correttezza di azione per i pazienti risultano impossibili”.
“Infine aggiungo che tutti i progressi in ambito di trattamento medico dei tumori delle vie escretrici in fase avanzata sono relativamente recenti e forieri di grandi promesse, ma dovranno ancora tradursi in un aumento significativo delle possibilità di sopravvivenza e guarigione e risulta indispensabile a riguardo la celerità di approvazione dell’utilizzo clinico da parte dell’ente regolatore.”
Bibliografia
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