La nuova cellula sarebbe una via di mezzo tra un neurone e un astrocita. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista ‘Nature’
Individuata una nuova cellula nel sistema nervoso che rappresenta una sorta di ibrido tra un neurone, capace di trasmettere segnali nervosi ad altre cellule, e un astrocita, la cellula a forma di stella deputata al supporto nel cervello. La scoperta si deve al gruppo di Andrea Volterra dell’Universita’ di Losanna; i risultati sono pubblicati sulla nota rivista scientifica ‘Nature’.
“Queste ‘cellule ibride’ – ha spiegato Volterra – potrebbero avere un ruolo importante nei fenomeni di memorizzazione. Potrebbero infatti contribuire alle alterazioni tipiche dell’Alzheimer, vista la loro localizzazione nel cervello, in particolare nell’ippocampo, dove si concentrano in prossimita’ di certi circuiti come quelli della memoria che si alterano nell’Alzheimer”.
Per la prima volta, gli esperti hanno rivelato l’esistenza di queste particolari cellule ibride. Lo hanno fatto utilizzando una tecnica che consente di individuare la ‘firma molecolare’ di ciascuna cellula. Attraverso analisi bioinformatiche, sono stati in grado di categorizzare queste cellule ibride in ben 9 gruppi distinti, ognuno con caratteristiche simili a quelle degli astrociti. Tra queste ‘sottopopolazioni’ ne e’ emersa una che ha anche le caratteristiche di un neurone che secerne il neurotrasmettitore ‘glutammato’.
“Quindi – spiega Volterra – queste cellule sono al contempo astrociti e neuroni, sono ibride, e non erano mai state descritte prima. Abbiamo poi verificato con sensori fluorescenti l’effettiva capacità di queste cellule di rilasciare glutammato. La loro persistenza è evidente dalla continuità tra topi e esseri umani, come evidenziato da Volterra. Inoltre, attraverso una serie di ulteriori esperimenti, gli esperti hanno rivelato il loro coinvolgimento nei processi di memorizzazione e nella capacità di richiamare i ricordi. È interessante notare che potrebbero anche svolgere un ruolo fisiologicamente ‘protettivo’ contro l’insorgenza dell’epilessia e la progressione del Parkinson, aprendo così la strada a possibili nuovi obiettivi terapeutici nelle cure anti-Parkinson.
“Questa scoperta riveste un’importanza fondamentale poiché mette in evidenza che le tradizionali categorie delle cellule cerebrali, come neuroni, astrociti e microglia, rappresentano una classificazione superficiale – afferma l’esperto. Emergono così molteplici varietà e specificità cellulari che sfuggono ai confini artificiali che abbiamo stabilito tra queste categorie. Questo pone in discussione la nostra attuale comprensione del funzionamento del cervello e dei processi che possono contribuire alle malattie neuropsichiatriche. Nel frattempo, tramite un’analisi attualmente in corso, dovremmo essere in grado di determinare nel giro di alcuni mesi se queste cellule sono alterate e possono giocare un ruolo nello sviluppo dell’Alzheimer” – conclude Volterra.
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