I tumori del cervello sono tra i più temuti e difficili da trattare. Ora però, grazie alla ricerca, nuove armi stanno arrivando per combatterli
I tumori del cervello, come glioma e glioblastoma, sono al centro di vari studi presentati al Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco). Proprio dagli Usa giunge un segnale di speranza per questi pazienti. Parliamo infatti di neoplasie relativamente rare e che, per questo, hanno ad oggi un armamentario terapeutico ancora ridotto. Il glioblastoma è il tumore del cervello maligno più frequente nell’adulto ed ogni anno in Italia ne sono colpite circa 1.500 persone. I gliomi, invece, insorgono soprattutto in età pediatrica, con un picco tra i 5 e i 10 anni di età, e se ne contano alcune decine di casi l’anno nel nostro Paese. Al congresso Asco, i riflettori si sono accesi su queste neoplasie con due studi di grande rilevanza.
Studio Indigo di fase 3
Il primo, lo studio Indigo di fase 3, ha dimostrato l’efficacia di una nuova molecola (vorasidenib), in grado di ritardare la progressione della malattia o la morte nei pazienti con glioma di grado 2 con mutazione genetica Idh, che interessa circa l’80% di questi malati. Lo studio ha coinvolto 331 pazienti (dai 16 ai 71 anni) provenienti da 10 paesi, che avevano subito un intervento chirurgico ma nessun altro trattamento.
La buona notizia è che il nuovo farmaco ha ritardato la progressione della malattia ed è stato ben tollerato. In particolare, il periodo di sopravvivenza libero da progressione della malattia ha infatti raggiunto i 27,7 mesi rispetto a 11,1 mesi per il placebo, ritardando in modo significativo il trattamento successivo. Questi risultati “rappresentano un significativo passo avanti nel trattamento ed hanno il potenziale per rivoluzionare la cura di questa malattia. Il nostro studio – spiega il primo autore Ingo Mellinghoff, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center – mostra infatti che andando a colpire la mutazioni Idh con vorasidenib si ritarda significativamente la crescita del tumore e la necessità di terapie più tossiche”.
“Ciò è clinicamente significativo – prosegue l’esperto – perché i pazienti con diagnosi di glioma di grado 2 con mutazioni Idh sono tipicamente giovani e sani. Dunque, i risultati di questo studio offrono la possibilità di cambiare il paradigma del trattamento e potrebbero portare alla prima nuova terapia mirata per il glioma di basso grado“. Attualmente, sono allo studio anche combinazioni della molecola con altri farmaci sia nel glioma di basso che in quello di alto grado.
La terapia ‘Ttfields’
Altro risultato presentato all’Asco riguarda la terapia basata sull’utilizzo di campi elettrici che inibiscono la divisione delle cellule tumorali e che vengono inviati nella regione colpita dal cancro attraverso un dispositivo medico portatile, la cosiddetta terapia Ttfields. Questa ha dimostrato di aumentare la sopravvivenza dei pazienti con glioblastoma di nuova diagnosi: lo conferma il primo studio di real world in questo campo, cioè di ‘vita reale’ in cui vengono inclusi pazienti non selezionati.
La sopravvivenza mediana, spiega Matthew Ballo, medical director al West Cancer Center & Research Institute di Memphis, “è stata di 22,2 mesi per i pazienti che hanno ricevuto Ttfields rispetto a 17,3 mesi per i pazienti che non l’hanno ricevuta. Dico ai miei pazienti – afferma Ballo – che questa è una parte importante dello standard di cura, che consiste in radiazioni, chemio e Ttfields, perché questo approccio si traduce nel miglior risultato. Inoltre, il dispositivo crea un campo elettromagnetico che interferisce con qualsiasi cellula in rapida divisione, quindi ha utilità non solo nel glioblastoma – spiega l’esperto. Le indagini hanno mostrato l’attività di Ttfields in più tumori, come nel carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico al cervello, carcinoma polmonare, pancreatico, epatocellulare, ovarico e nel mesotelioma”.
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