Una nuova scoperta sul cancro potrebbe aprire la strada a trattamenti più efficaci. Decisivo il ruolo della proteina Cdk9
Un gruppo di ricercatori italo-americani provenienti dallo Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine presso la Temple University di Philadelphia, guidati da Antonio Giordano ed in collaborazione con i colleghi dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli Fondazione Pascale, ha recentemente compiuto una scoperta rivoluzionaria nel campo del cancro che potrebbe portare a trattamenti più efficaci. Questo lavoro, coordinato dal professor Luigi Alfano dell’Istituto Pascale, è stato pubblicato sulla rivista ‘Oncogene’.
Gli studi hanno rivelato che i pazienti affetti da cancro mostrano un’elevata espressione della proteina Cdk9, particolarmente alterata dall’isoforma 55, la quale favorisce la crescita tumorale. Utilizzando le forbici molecolari Crispr/Cas9, i ricercatori hanno eliminato con successo questa forma mutata di Cdk9, riscontrando un impatto negativo sul meccanismo di ricombinazione omologa, fondamentale per la riparazione del DNA e la sopravvivenza delle cellule tumorali. In sostanza, l’assenza della proteina mutata ha aumentato la sensibilità delle cellule cancerose ai trattamenti chemioterapici, aprendo nuove prospettive per terapie più mirate e efficaci.
Le parole degli autori
“Abbiamo già generato una nuova generazione di inibitori di Cdk9 che andranno a potenziare quelli già esistenti e che stanno dando grandi risultati in clinica” – ha dichiarato il Dott. Giordano. “È come se la proteina Cdk9, quando è sana, sorvegli il genoma della cellula per evitare la comparsa di errori nella sequenza genica – spiega il Dott. Luigi Alfano. Di conseguenza, la sua alterazione all’interno dei tumori può essere importante per aumentare il carico mutazionale che è alla base della trasformazione e progressione tumorale”.
“Questa scoperta – commenta ancora Giordano – ci permette di aggiungere un nuovo importante tassello alla comprensione di come le cellule scelgono i meccanismi di riparo favorendo la conservazione dell’informazione genetica e riducendo l’insorgenza di mutazioni predisponenti al cancro. Questo è un ottimo risultato, perché la descrizione del ruolo di Cdk9, gene scoperto da noi nel 1994, apre la strada alla generazione di nuovi inibitori farmacologici che potranno essere utilizzati sia in monoterapia che in combinazione con altri farmaci, già attualmente in uso, per potenziarne l’effetto antitumorale. Inoltre, questa scoperta apre la strada a ulteriori studi per la valutazione di Cdk9 come possibile nuovo fattore predittivo della risposta a trattamenti farmacologici che agiscono sul riparo del Dna”.
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Fonte dichiarazioni: Adnkronos
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