Consumare carne, soprattutto quella lavorata e quella rossa non lavorata, è un significativo fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2
Il consumo di carne, soprattutto quella lavorata e la carne rossa non lavorata, rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza del diabete di tipo 2 in tutte le popolazioni. A dimostrarlo è una vasta meta-analisi che ha coinvolto quasi due milioni di adulti in 20 Paesi e pubblicata sulla rivista scientifica Lancet Diabetes and Endocrinology.
Precedenti ricerche avevano già segnalato un aumento del rischio di diabete associato al consumo di carne lavorata e carne rossa non lavorata. Tuttavia, la varietà negli approcci di analisi e l’interpretazione dei dati, insieme a una concentrazione delle coorti di studio prevalentemente in Europa e negli Usa, avevano reso difficile arrivare a conclusioni definitive su questa correlazione.
I ricercatori della University of Cambridge School of Clinical Medicine hanno condotto una meta-analisi utilizzando dati di singoli partecipanti provenienti da 31 coorti distribuite a livello globale, nell’ambito del progetto internazionale Inter Connect. I dati clinici e relativi alle abitudini alimentari sono stati raccolti da un totale di 1.966.444 persone, sia donne che uomini. Durante un periodo di follow-up di 10 anni, il team di esperti ha individuato 107.271 casi di diabete di tipo 2 tra i partecipanti.
I risultati dello studio hanno mostrato che il consumo di carne lavorata, carne rossa non lavorata e pollame è associato a un aumento del rischio di diabete di tipo 2 in diverse aree del mondo, tra cui Nord America, Europa e Pacifico occidentale. Tuttavia, l’associazione tra il consumo di pollame e il diabete di tipo 2, pur esistente, è risultata meno forte. Questi risultati “evidenziano l’importanza di ridurre il consumo di carne per la salute pubblica e dovrebbero informare le linee guida dietetiche” – concludono i ricercatori.
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