Oltre ad un’eccessiva mole di lavoro, anche la mancanza di gratificazione gioca un ruolo negativo sulla salute del cuore
Troppo lavoro fa male al cuore: sembra una frase fatta ma uno studio ne dimostra l’effettiva verità. Inoltre, lavorare intensamente senza ricevere adeguata gratificazione può danneggiare il cuore, generando gli stessi effetti negativi sulla salute cardiaca riscontrati nell’obesità. È quanto emerge da una ricerca condotta dall’Université Laval di Quebec City, in Canada, e presentata durante il 44º congresso della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (Gise) attualmente in corso a Milano.
“Il nuovo studio sottolinea per la prima volta l’enorme impatto della combinazione di questi due fattori, cioè lavoro duro e ricompensa bassa” – commenta il presidente Gise Giovanni Esposito. I risultati evidenziano quindi l’urgente necessità di affrontare in modo proattivo le condizioni di lavoro stressanti, per creare ambienti più sani a vantaggio dei dipendenti e dei datori di lavoro”.
La ricerca ha monitorato per quasi 20 anni circa 6.500 professionisti ‘colletti bianchi’ di entrambi i sessi, privi di precedenti malattie cardiache. Coloro che hanno dichiarato di aver affrontato stress lavorativo o di aver sperimentato uno squilibrio tra sforzo e ricompensa hanno mostrato un rischio maggiore del 49% di sviluppare malattie cardiache rispetto a coloro che non hanno riportato tali condizioni lavorative. Quando entrambe le condizioni erano presenti contemporaneamente, il rischio risultava raddoppiato.
“Ci sono due modi principali in cui lo stress può danneggiare il cuore – spiega Francesco Saia, presidente eletto Gise. Il primo riguarda il controllo della pressione sanguigna e del restringimento dei vasi sanguigni. L’altro include l’attivazione del midollo osseo e il rilascio di cellule infiammatorie, che a loro volta, portano all’infiammazione aterosclerotica e all’insorgenza di placche e trombi. Tuttavia – conclude Saia – a fare male non è un singolo evento ma periodi prolungati di stress in combinazione con altri fattori di rischio“.
Fonte: 44 National Congress GISE.
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