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Tumore della prostata, niente più chirurgia? La novità

Tempo di lettura: 3 minuti

Un nuovo studio ha dimostrato che si può tenere sotto controllo il tumore della prostata a basso rischio senza necessità di intervento chirurgico o radioterapia

Un autentico punto di svolta si è delineato per il tumore della prostata. Un recente studio ha evidenziato la possibilità di gestire il tumore prostatico a basso rischio senza ricorrere a interventi chirurgici o radioterapie. I risultati di START, un’ampia ricerca condotta dal 2015 e appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale JAMA Network Open, sono ora disponibili. Lo studio ha coinvolto oltre 900 pazienti di recente diagnosi di tumore della prostata a basso rischio, rappresentanti il 10-15% di tutte le diagnosi di questo tipo di cancro. La ricerca ha impegnato tutte le principali strutture di urologia, radioterapia e anatomia patologica del Piemonte e della Valle d’Aosta.

Promosso dalla Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, lo studio è stato coordinato dall’Epidemiologia Clinica del CPO della Città della Salute di Torino. Si tratta di uno dei rari studi condotti su scala regionale, coinvolgendo un’intera rete ospedaliera, al fine di fornire ai pazienti con una nuova diagnosi di tumore della prostata a basso rischio la possibilità di scegliere tra i trattamenti tradizionali radicali (chirurgia o radioterapia) e un programma di sorveglianza attiva. La sorveglianza attiva, basata su regolari controlli clinici, di laboratorio e, con intervalli più distanziati, di tipo strumentale, consente di evitare completamente un trattamento radicale in assenza di segnali di peggioramento. In caso di necessità, offre la possibilità di ritardare il trattamento di anni, riducendo così gli impatti negativi sugli aspetti della qualità di vita dei pazienti, come disturbi della sfera sessuale, urinaria e intestinale.

Un protocollo unificato grazie allo studio START

Prima dell’avvio dello studio START, l’opzione della sorveglianza attiva era proposta raramente, limitandosi a pochi Centri e rivolta esclusivamente a pazienti altamente informati e motivati. Tale ristrettezza derivava da vari fattori, tra cui l’incertezza sui risultati a lungo termine, la preoccupazione per possibili controversie legali, la diversità di approcci tra specialisti e la comprensibile difficoltà dei pazienti nel ricevere una diagnosi di tumore senza una raccomandazione per un trattamento attivo. Grazie allo studio START, è stato possibile concordare tra i Centri di urologia, radioterapia ed anatomia patologica delle due regioni un protocollo unificato per offrire a questi pazienti la possibilità di scegliere tra diverse strategie di trattamento. Questo approccio è in linea con le raccomandazioni delle Linee guida internazionali e nazionali, compresa una Linea guida regionale del 2009. Il protocollo START prevedeva una chiara esposizione della diagnosi, della prognosi e delle diverse alternative di trattamento, inclusa la sorveglianza attiva.

Tutte queste informazioni sono state dettagliatamente illustrate in un opuscolo consegnato ai pazienti, il quale sintetizzava in modo comprensibile i vantaggi e i rischi delle varie opzioni. Questo supporto informativo mirava a consentire ai pazienti di prendere decisioni ponderate, affrontando in modo consapevole le sfide connesse alla diagnosi di tumore e alle scelte terapeutiche disponibili.

La sorveglianza attiva: l’opzione terapeutica preferita dai pazienti

Il risultato più significativo emerso dallo studio è che, una volta adeguatamente informati, oltre l’80% dei pazienti ha scelto la sorveglianza attiva come opzione terapeutica. I dati raccolti durante il monitoraggio a lungo termine di tutti i partecipanti allo studio hanno confermato una probabilità di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi sostanzialmente identica tra le diverse opzioni terapeutiche. Si stima che l’applicazione di tali risultati nella pratica clinica potrebbe evitare annualmente almeno un centinaio di trattamenti radicali e le relative conseguenze nelle due regioni coinvolte.

Tra i fattori determinanti che hanno contribuito a tranquillizzare sia i medici che i pazienti nella scelta della sorveglianza attiva, la discussione multidisciplinare dei casi tra specialisti ha svolto un ruolo chiave, in linea con l’approccio adottato dalla Rete Oncologica dei Gruppi Interdisciplinari di Cura (GIC). Inoltre, la possibilità per i patologi di ciascun ospedale di richiedere conferma delle caratteristiche di basso rischio delle biopsie a colleghi più esperti provenienti da altri ospedali ha contribuito in modo significativo alla rassicurazione.

L’esperienza derivante dallo studio START evidenzia chiaramente che le iniziative di ricerca nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale sono capaci di conseguire risultati di rilevanza scientifica a livello internazionale, mentre allo stesso tempo contribuiscono al miglioramento della qualità e dell’equità nell’assistenza sanitaria. Questa positiva collaborazione tra professionisti di diverse discipline sottolinea l’importanza di sforzi congiunti per promuovere la salute e il benessere dei pazienti.

Clicca qui per leggere i risultati originali dello studio START.

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tumore della prostata
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