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Tramite il colesterolo è possibile prevedere l’insorgenza del tumore del fegato

Tempo di lettura: 2 minuti

L’importante scoperta emerge da uno studio elaborato dall’Università ‘Aldo Moro’ di Bari e sostenuto da Fondazione Airc

Una bassa concentrazione di colesterolo Hdl in pazienti con fegato grasso può predire la diagnosi di tumore del fegato con largo anticipo. A dimostrarlo una ricerca, pubblicata sul Journal of Hepatology Reports’, messa in atto dall’Università ‘Aldo Moro’ di Bari e sostenuta da Fondazione Airc. Fino a pochi anni fa la maggior parte delle patologie tumorali del fegato era associata alle infezione da epatite B e C. Oggi è invece noto che il tumore del fegato più frequente, soprattutto tra i 55 e i 75 anni, è l’epatocarcinoma che si sviluppa in soggetti senza infezione, apparentemente sani, che non avvertono alcun sintomo, ma che a livello del fegato presentano già una condizione patologica di steatosi. La steatosi è un accumulo di grasso che può portare ad una successiva fibrosi. 

Nell’ambito degli studi sul metabolismo e il cancro del fegato, il gruppo di ricerca coordinato dal professor Antonio Moschetta, ha dimostrato che negli individui con fibrosi epatica, un basso livello di colesterolo Hdl (cosiddetto ‘colesterolo buono’) è associato a una maggiore probabilità di sviluppare l’epatocarcinoma. Ma soprattutto, sembra poter predire la malattia già cinque anni prima della diagnosi. Nello studio, i ricercatori hanno analizzato i parametri di oltre 1000 soggetti, sospetti pazienti con problemi metabolici. 

Lo studio spiegato dall’esperto

A spiegare i dettagli dello studio è proprio il Prof. Moschetta, come riportato da Ansa.it. “Gli individui che hanno sviluppato epatocarcinoma nei successivi cinque anni, alla prima valutazione al tempo 0, mostravano livelli più bassi di colesterolo Hdl, a parità di fibrosi epatica”.

Inoltre – prosegue l’esperto – selezionando i pazienti che hanno poi sviluppato il cancro tra coloro che cinque anni prima avevano basso colesterolo Hdl, abbiamo osservato che questi ultimi mostravano un significativo aumento del girovita, che è una misura dei depositi di grasso a livello del tessuto adiposo viscerale e un segno di infiammazione dell’organismo”.

Seguendo le parole del Prof. Moschetta emerge che un singolo biomarcatore ematico possa predire con largo anticipo la diagnosi di epatocarcinoma. Si tratta di una scoperta che potrebbe permette di identificare i soggetti a rischio, prima ancora che sviluppino sintomi specifici. In altre parole, potrebbe essere possibile prevenire questo tipo di cancro tramite modifiche nutrizionali e/o farmacologiche.

I futuri benefici della scoperta


“Oggi sappiamo – dichiara Lucilla Crudele, prima autrice dello studio – che un soggetto che ha fegato grasso e basso colesterolo Hdl associato a un aumentato girovita presenta un rischio elevato di sviluppare l’epatocarcinoma nel giro di 5 anni. Tali informazioni ci permettono di seguire questi pazienti con ecografie puntuali e ripetute. Possiamo dare loro indicazioni per modificare il proprio stile di vita al fine. Ci poniamo l’obiettivo di portarli a una condizione ottimale per proteggersi e ridurre il rischio di sviluppare il cancro”.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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tumore del fegato
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