L’Agenzia italiana del Farmaco ha approvato un trattamento di prima linea capace di prolungare la sopravvivenza dei malati
Possibilità concreta di cura in grado di prolungare la sopravvivenza dei pazienti con la forma più comune di tumore del fegato: il carcinoma epatocellulare avanzato. Sono circa 13mila i nuovi casi diagnosticati in Italia nel 2020. Purtroppo questa precisa neoplasia non mostra sintomi specifici ed evidenti. Ciò comporta che solo il 10% dei casi viene individuato in una fase iniziale, quando l’intervento chirurgico può essere risolutivo. È per questi motivi che le percentuali di guarigione sono basse e solo un quinto dei pazienti è vivo a cinque anni dalla diagnosi.
Il via libera di Aifa è arrivato alla luce dei risultati ottenuti nello studio di fase tre, IMbrave. Questo studio ha dimostrato come 150 pazienti su 501 adulti abbiano ricevuto benefici dalla somministrazione di atezoliumab e bevacizumab, dopo un periodo di follow-up di circa 8 mesi. Più dettagliatamente si è verificata una riduzione importante del rischio di morte con sopravvivenza globale del 42%. Inoltre a un follow-up mediano di 15,6 mesi il rischio di morte appare ridotto del 34%.
Non solo sopravvivenza prolungata, ma anche benefici sulla qualità di vita
Ma non è solo questa l’unica buona notizia. Infatti, un’analisi condotta per la prima volta anche sui benefici rilevati dai pazienti in termini di qualità di vita, conferma il raggiungimento di ulteriori obiettivi importanti. Con la combinazione, infatti, gli effetti della neoplasia si fanno sentire più lentamente. Inoltre, l’impatto sul lavoro, sul tempo libero, sulla capacità di percorrere distanze a piedi e sui sintomi è notevolmente minore. “Sono i dati migliori finora ottenuti nella storia della terapia dell’epatocarcinoma. Sono confortanti sotto il profilo di maneggevolezza e tollerabilità con ottimi risultati, soprattutto sulla qualità di vita dei pazienti”. Queste le entusiaste parole di Fortunato Ciardiello, Ordinario di Oncologia Medica e Prorettore dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, che mette in risalto l’importanza di questa nuova terapia. “L’interazione tra l’immunoterapia e la terapia anti angiogenetica rappresenta il nuovo standard terapeutico in questa categoria di malati – conclude l’esperto professore.
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