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Epatiti misteriose nei bambini, i casi continuano ad aumentare

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Secondo gli epatologi dell’Associazione italiana per lo lo studio del fegato (Aisf) non si deve assolutamente abbassare la guardia

A cura di Antonio Arigliani

Continuano ad aumentare i casi di epatiti acute di origine sconosciuta nei bambini. Nonostante per la maggior parte si tratti di casi lievi, non si deve assolutamente interrompere il monitoraggio. È questo il messaggio lanciato dagli epatologi dellAssociazione italiana per lo studio del fegato (Aisf) in occasione del webinar ‘Epatiti acute pediatriche’. La situazione emerse in Europa nel mese di marzo, quando in Scozia si segnalarono i primi 10 casi.

Mara Cananzi, epatologa e gastroenterologa pediatrica presso l’Azienda ospedaliera Università di Padova illustra il quadro della situazione. “Questi due cluster epidemiologici avevano molte caratteristiche in comune. Rappresentavano un picco rispetto all’incidenza delle epatiti acute di quelle zone geografiche e riguardavano bambini piccoli sotto ai 6 anni. Questi avevano forme severe con evoluzione verso l’insufficienza epatica con necessità di trapianto e non erano riconducibili a infezioni da virus epatotropi maggiori (A-E) né alle comuni cause di epatite acuta in età pediatrica”. 

Si stimano circa 400 casi

“I casi si sono ampliati dapprima nel Regno Unito, unico paese con un picco epidemiologico reale rispetto agli anni precedenti – prosegue Cananzi. Hanno fatto seguito segnalazioni dal resto d’Europa e da altre zone del mondo. I casi sono saliti a circa 400, ma è un numero, seppure reale e fornito da fonti autorevoli, che fa riferimento a segnalazioni non sempre approfondite o ben caratterizzate. L’epidemia – aggiunge – c’è stata effettivamente nei primi due cluster, mentre serve più prudenza negli altri Paesi, dove non confermiamo per ora un vero e proprio picco epidemico. Bisogna attendere che le segnalazioni vengano confermate”.

L’eziologia di questi casi di epatite acuta severa nei bambini – continua l’esperta – è ancora in via di definizione. Al momento una delle ipotesi prevalenti è quella di un’infezione virale causata da un singolo virus o da più virus concomitanti in bambini piccoli la cui esposizione infettivologica è stata limitata nel corso della pandemia Covid-19. Attualmente il virus maggiormente indagato è l’adenovirus, comunemente responsabile di diversi tipi di infezione nei bambini, ma ulteriori studi sono necessari per confermare tale ipotesi. Al contrario escludiamo assolutamente un ruolo della vaccinazione anti-Sars-CoV-2”.

Le probabilità di trapianto di fegato

“La probabilità che si arrivi al trapianto di fegato varia a seconda delle diverse casistiche – spiega Cananzi. Questi numeri sono comparabili a quelli dei bambini con insufficienza epatica acuta. In questi, il rischio di trapianto di fegato – prosegue – può raggiungere il 20-30%, ma nettamente superiori a quelli comunemente osservati nei casi di epatite acuta di origine virale in età pediatrica. Occorre dunque verificare che i casi che stanno emergendo in queste settimane – conclude – siano effettivi. Bisogna valutarne accuratamente la gravità”. 

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