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Mutazioni del gene MET nel cancro polmonare – Dott. Claudio Sini

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Interessante analisi denominata ‘IDENTY-MET’ condotta dal Dott. Claudio Sini, oncologo e referente patologia toraco-polmonare presso l’Ospedale “Giovanni Paolo II” – ASL Gallura di Olbia

Caratteristiche cliniche dei pazienti con mutazione skipping dell’esone 14 di MET(METex14) e sensibilità del test

Il proto-oncogene MET codifica per una proteina chiamata fattore di crescita degli epatociti (Hepatocyte growth factor receptor-HGFR) con attività tirosin-chinasica direttamente coinvolta nella progressione della malattia tumorale e nei processi di metastatizzazione.

Nell’ambito del Tumore al polmone le alterazioni a carico del gene MET sono:
– le mutazioni skipping dell’esone 14(METex14) descritte nel 2-4% dei casi
– le amplificazioni nel 1-6% dei casi
– le fusioni rare nello 0-2-0-3%
– le iperespressioni riscontrate in circa il 20-25% dei pazienti con mutazioni di EGFR durante il trattamento con Inibitori tirosin-chinasici con un meccanismo by-pass di resistenza acquisito.

L’ iperespressione di MET nei pazienti EGFR mutati in progressione a TKis di I-II e III generazione e la METex14 rappresentano i due driver maggiormente promettenti in pratica clinica già bersaglio dei farmaci MET-inibitori oggi disponibili nell’ambito di trail clinici o nella pratica clinica rispettivamente.

La METex14 determina una compromissione dell’internalizzazione e della degradazione del recettore tirosinkinasico che restando attivo più a lungo promuove la proliferazione e la metastatizzazione tumorale e rappresenta uno dei principali driver molecolare nella personalizzazione del trattamento del tumore al polmone. Ad oggi infatti nell’ambito della caratterizzazione molecolare in NGS del Tumore Polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato la determinazione della METex14 è raccomandata già I linea, contemporaneamente agli altri driver e consente di individuare i pazienti che beneficiano del trattamento con gli inibitori di MET di I generazione, Capmatinib e Tepotinib che ad oggi sono purtroppo disponibili solo dalla seconda linea di trattamento, a progressione a chemio e/o immunoterapia.

Queste mutazioni, a differenze delle mutazioni di EGFR e dei riarrangiamenti di ALK e ROS-1,  insorgono più frequentemente nei soggetti con un’età media di 70 anni, con una storia di fumo in oltre il 50% dei casi e con numerose comorbidità che rendono questi paziente fragili ed a rischio di tossicità di grado elevato ai trattamenti chemio ed immunoterapici. Nella maggior parte dei casi le METex14 si riscontrano nell’adenocarcinoma ma è importante sottolineare che oltre il 20% dei casi i pazienti presentano in un’istologia non-adenocarcinoma quale l’istologia squamosa, l’istologia mista adeno-squamosa e l’istologia sarcomatoide per le quali nella maggior parte delle strutture del nostro territorio nazionale il test NGS non è richiesto up-front essendo rimborsato solo nell’istologia non-squamosa.


Sia i test di NGS a DNA che RNA si sono dimostrati superiori rispetto alle metodiche standard su singolo gene nella identificazione della METex14 e rappresentano oggi le metodiche più sensibili nella pratica clinica correlate alla risposta al trattamento con gli Inibitori di MET ma  l’analisi su RNA si è mostrata maggiormente sensibile nell’individuazione di questi casi rispetto al test su DNA e richiede una grande esperienza nell’estrazione e nell’analisi di questo materiale rendendo la fase pre-analitica fondamentale per l’identificazione del target.

Attività degli inibitori tirosinkinasici di I generazione tepotinib e capmatinib

Gli inibitori di MET oggi rimborsati e disponibili in pratica clinica che hanno dimostrato elevate attività nei pazienti con METex14 sono rappresentati da il Capmatinib ed il Tepotinib.

Il Capmatinib ha mostrato la sua efficacia nello studio multicentrico di fase II GEOMETRY/mono-1 in paziente con tumore al polmone avanzato. Nel gruppo di pazienti in I linea la risposta obbiettiva (overall response rate-ORR) è stata del 67.95% con un intervallo libero da progressione (progression-fee survival-PFS) di 12.4 mesi, una sopravvivenza media (overall survival-OS) di 20.8 mesi mentre nei pazienti in II linea di trattamento la ORR è stata del 41% con una durata media di 9.7 mesi ed un tasso di sopravvivenza mediano di 13.6 mesi (Tabella di efficacia 1).

Lo studio di Fase II Vision ha valutato invece la sicurezza e l’efficacia di Tepotinib in 313 pazienti con Mutazione di METex14 con dei dati di efficacia inizialmente molto sovrapponibili sia in I che in II linea con tassi di ORR del 57.3% vs 45.0% rispettivamente, un controllo di malattia (disease controllo rate-DCR) del 78.7% vs. 73.8% ed una PFS di 12.6 vs. 11.0 mesi. I dati di sopravvivenza con una OS di 21.3 vs. 19.3 mesi rispettivamente nei pazienti naïve al trattamento e nei pazienti pretrattati sembravano non differire nei due gruppi ma il recente aggiornamento dello studio ha confermato la maggiore efficacia del trattamento soprattutto in termini di durata della risposta per i pazienti in I linea che è stata di oltre 46.4 mesi (95% CI, 13.8-NE).  

Inoltre nei 69 pazienti in I linea randomizzati nella corte di conferma dello stesso studio(corte C)  sono emersi i migliori dati di efficacia con tassi di ORR del 65.2% (95% CI, 52.8%-76.3%), una mPFS di 16.5 mesi (95% CI, 11.0-NE) con una mOS di 28.5 (95% CI, 14.1-NE) mesi con durata media della risposta non ancora raggiunta (95% CI, 10.4-NE) confermando che iniziare il trattamento a bersaglio molecolare precocemente determina un miglioramento degli autcomes di efficacia a lungo termine. L’incidenza di metastasi cerebrali nei pazienti con METex14 è riportata tra il 17-20% dei casi e la risposta intracranica nei piccoli sottogruppi di pazienti con malattia cerebrale misurabile è stata del 53% e del 66.7% nei pazienti trattati con Capmatinib e Tepotinib confermando il ruolo di questi farmaci anche in questo setting di pazienti.

La recente casistica italiana raccolta grazie al database di ATLAS ha confermato su 146 pazienti la maggiore efficacia del trattamento con i due Inibitori di MET Capmatinib e Tepotinib  in I linea sia in termini di RR e di PFS ed ed ha inoltre confermato tassi di risposta del 41% al livello cerebrale nei pazienti con malattia misurabile confermando l’efficacia della terapia target anche in questo sottogruppo di pazienti a prognosi più sfavorevole.

Tabella dati di efficacia in I e in II linea nei due studi registrativi

Risposta al trattamento chemioterapico ed immunoterapico

Uno dei principali quesiti non risolti per questo sottogruppo di pazienti è rappresentato dall’efficacia del trattamento chemioterapico, chemio-immunoterapia o immunoterapico in I Linea con dei dati derivanti da piccole casistiche, spesso retrospettive ma nelle quali emerge il rischio di una progressione rapida di malattia associato ad un rapido deterioramento clinico con una percentuale di pazienti che arriva alla II linea e, quindi al trattamento target, inferiore al 50%. Nell’ambito del NSCLC il vantaggio dell’Immunoterapia a lungo termine è correlato allo stato di fumatore, all’aumentare dell’espressione di PD-L1 e all’assenza di mutazione di EGFR, riarrangiamenti di ALK e ROS-1 e di mutazioni di BRAF(V600E). Scarse sono le informazioni sui pazienti con mutazione di METex14 i cui dati ad oggi a disposizione si basano comunque su una casistica molto limitata, retrospettiva di pazienti trattati in linee successive di malattia.

I pazienti con la METex14 frequentemente esprimono sulla superficie cellulare elevati valori di PD-L1 ma l’efficacia dell’immunoterapia in questo gruppo di pazienti è controversa ed i dati di sopravvivenza a lungo termine confermano sopravvivenza inferiori rispetto ai dati riportati in letteratura nei pazienti affetti da NSCLC. Ad esempio tra i 551 pazienti dello studio internazionale IMMUNOTARGET, che voleva valutare l’efficacia dell’Immunoterapia nei pazienti con una malattia oncogene-addicted, i casi con METex14 erano solo 36 (6.5%) dei quali oltre il 65% erano fumatori o ex-fumatori con un età media di 63 anni ed un’espressione media di PD-L1 di oltre il 30%.

Nel 50% dei casi trattati con Immunoterapia la risposta all’Immunoterapia è stata una progressione di malattia con una PFS di 3.4 mesi, una OS di 18.4 mesi con un percentuale di lungo sopravviventi (PFS>12 MESI) del 20% (circa 6 pazienti su 26 analizzati). Dati analoghi derivano da altre casistiche restrospettive su pazienti pluritrattati. Recente è la pubblicazione della casistica retrospettiva tedesca che ha valutato l’efficacia del trattamento chemioterapico o della combinazione chemio-immunoterapica verso l’Immunoterapia da sola in I linea in oltre 110 pazienti con Mutazione di METex14 confermando:

la scarsa correlazione tra l’espressione di PD-L1, la durata della risposta e la sopravvivenza all’Immunoterapia
una percentuale di progressioni rapide e decessi precoci in I linea di circa il 20% in entrambi i gruppi
nessuna differenza significativa tra chemio-immunoterapia rispetto alla sola immumonoterapia con una PFS di 4 mesi vs 3 mesi ed un OS di 16 vs 14 mesi
circa il 30% nel gruppo dei pazienti trattati con la sola Immunoterapia aveva una progressione di malattia come miglior risposta, soprattutto se non fumatori
una correlazione tra la mutazione del gene oncosoppressore p53 e l’efficacia dell’Immunoterapia con una sopravvivenza doppia di 21 mesi verso 11 mesi rispettivamente nei p53 mutati e nei p53 non-mutati confermando un possibile ruolo delle co-mutazioni nella scelta della I linea di trattamento in questo sottogruppo di pazientI e rimarcando la necessita di un pannello in NGS più ampio già alla diagnosi per questi pazienti.
solo il 45% di questi pazienti riceveva una II linea di trattamento senza differenze significative tra chi riceve TKIs, CT e/o IO in II linea. Un trend in sopravvivenza si è osservato per chi riceve Tepotinib/Capmatinib vs chemioterapia(16 vs 13 mesi) confermando comunque che la risposta e la durata della stessa con i TKIs in II linea si riduce in maniera considerevole.  Quest’ultimo dato conferma che questi pazienti a causa dell’età avanzata e dello scarso performance status presentano il rischio di tossicità maggiori e progressioni rapide con scadimento  rapido delle condizioni generali che compromettono l’accesso e l’efficacia della II linea di trattamento.

Tossicità e gestione delle tossicità

Entrambe i farmaci a disposizione presentano numerosi eventi avversi classe-specifici che è necessario individuare precocemente, gestire con adeguata terapia di supporto, eventuale riduzione e/o modulazione di dose garantendo così un’adeguata compliance alla terapia per evitare la sospensione definitiva del trattamento. Un’adeguata ed efficace gestione degli effetti collaterali è associata ad una maggiore efficacia della terapia a lungo termine soprattutto nel sottogruppo di pazienti fragili e con comorbidità e garantisce il mantenimento di una buona qualità di vita.

Uno degli effetti collaterali più comuni è l’edema periferico osservato in percentuali variabili tra il 30 ed il 74% dei casi con gradi severi G3 riportate tra il 10-20% dei casi.  Nello studio con Tepotinib tra i 255 pazienti trattati l’edema è stato l’evento avverso più comune, riportato in oltre il l 60% dei casi ma con solo il 9.4% dei casi di grado G3. Il tempo mediano d’insorgenza degli edemi è stato di circa 8 settimane per ogni grado e di 18 settimane per il grado 3.

La probabilità di sviluppare edemi periferici è risultata maggiore nei pazienti con una durata del trattamento più lunga. Una riduzione di dose si è resa necessaria in oltre il 20% dei casi con un tasso d’interruzione del trattamento del 23% ed una precoce interruzione definitiva nel 4.3%. Similarmente nello studio di fase II GEOMETRY circa il 50% dei pazienti ha sviluppato edemi di ogni grado con un tasso di edemi G3 del 13%, il 23% dei pazienti ha richiesto una riduzione di dose e il 2% di questi hanno interrotto definitamente il trattamento per l’edema.  

In una recente indagine tra i medici con esperienza nel trattamento con inibitori di MET riportato al Congresso Europeo del 2023, i clinici hanno confermato che l’edema è stato l’evento più frequentemente osservato in oltre il 50% dei casi con necessità di riduzione e modulazione della dose. La gestione dell’edema è stata prevalentemente gestita in maniera empirica con terapia di supporto non farmacologica (terapia elastocompressiva, linfodrenaggio, riduzione dell’introito di sale ed esercizio fisico), terapia farmacologiche quali diuretici dell’ansa. Fattori di rischio associati all’insorgenza dell’edema sono stati l’età avanzata, l’ipomobilità, storia di cardiopatia e terapia anti-ipertensiva. La percentuale riferita dai clinici di interruzione definitiva del trattamento è stata superiore al 50% confermando l’assenza di un valido algoritmo di trattamento per la gestione degli edemi stessi ed una resistenza alla terapia diuretica.

Altri eventi avversi prevalentemente di grado lieve-moderato sono l’ipoalbuminemia riportata nel 20-40 % dei casi con gradi severi G3 solo nel 5% che contribuisce nel tempo al peggioramento degli edemi cronici, nausea e vomito rispettivamente nel 10% e 20% dei casi con gradi 3 in meno dell’1% dei casi, diarrea nel 26% con gradi G3 nell’1%, versamento pleurico nel 13% con grade ≥ 3 nel 5.1%. Inoltre nel 25% dei casi è stato riportato un’incremento della creatinina con una “pseudoinsufficienza renale” per competizione diretta dei TKIs nel recettore della creatinina al livello tubulare, incremento delle transaminasi tra il 26-39% dei casi con grade ≥ 3 solo nel 3%.

Complessivamente tra i pazienti trattati con Tepotinib il 54.9% ha sviluppato una tossicità che ha richiesto una modifica della dose con una riduzione di dose nel 30% dei casi, un’interruzione temporanea nel 44% ed una interruzione definitiva del trattamento stesso nel 20%.

Bibliografia

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– R.Ferrara et al  Real-world experience of MET TKI-induced peripheral edema. Poster 33P  Presented at the European Lung Cancer Congress (ELCC) 2023
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– N Engl J Med 2020;383:944-57.

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