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SLA collegata al sistema immunitario? Intervista alla Dott.ssa Laura Campisi

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La Dott.ssa Laura Campisi, tra le figure di spicco del team di esperti del ‘Mount Sinai Hospital’ di New York che ha elaborato l’innovativa ricerca, spiega la genesi, l’evoluzione e la conclusione dello studio

Di recente, alcuni ricercatori del ‘Mount Sinai Hospital’ di New York hanno pubblicato un innovativo studio che potrebbe avere risvolti decisivi nella diagnosi e nel trattamento della sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Più precisamente, il tema principale del lavoro ha riguardato un collegamento tra la SLA e il sistema immunitario. Una ricerca che, se confermata in futuro, potrebbe seriamente rappresentare una svolta nella cura di questa malattia. Tra i ricercatori, figura la Dott.ssa Laura Campisi, assistente professore di microbiologia presso la ‘Icahn School of Medicine at Mount Sinai’. Italian Medical News l’ha intervistata, ponendo una serie di domande relative a questa possibile grande scoperta. 

Dottoressa, può dirci in che modo è nato lo studio? Qual è stato il background? 

“Si tratta di uno studio nato qualche anno fa. Il team scientifico diretto da Ivan Marazzi, che insieme a me ha condotto la ricerca, aveva già osservato che la proteina senatassina può controllare l’espressione dei geni del sistema immunitario. La cosa interessante è che questa proteina è mutata nella SLA di tipo 4. Da questo importante dato è nata l’idea di capire se ci fosse un collegamento tra una possibile disfunzione del sistema immunitario e la malattia”.

Le prime analisi sui topi

Come è proseguito successivamente lo studio? Come si è evoluto?

“Innanzitutto c’è da fare una premessa: ovvero che ci ha aiutato molto un modello murino che esprime esattamente la stessa mutazione dei pazienti. Questo anche perché la proteina senatassina è molto ben conservata tra topi e esseri umani. Sulla base di ciò, ci siamo mossi seguendo due direzioni: da un lato abbiamo analizzato il sistema immunitario dei topi costantemente, nel tempo; dall’altro lato abbiamo effettuato esperimenti che ci hanno permesso di renderci conto che solo quei topi che esprimevano la mutazione sia nel sistema immunitario, sia nel sistema nervoso centrale, sviluppavano la perdita delle capacità motorie. Mentre invece i topi che esprimevano questa mutazione solo in uno dei due sistemi (immunitario o nervoso centrale [N.d.R.]) non presentavano sintomi. Ciò ci ha fatto pensare che dunque non si trattava solo di un problema del sistema nervoso centrale, ma in qualche modo aveva un ruolo anche il sistema immunitario”.

“Successivamente ci siamo resi conto che sia nei topi che nei pazienti erano presenti delle anomalie nel sistema linfocitario. Più precisamente c’era un’ alta concentrazione di una specifica sotto popolazione di cellule ‘linfociti T’ nel sangue periferico e nel sistema nervoso centrale dei topi e soprattutto l’aumento di queste cellule correlava perfettamente con la progressione  della malattia. Inoltre, le stesse cellule erano ben presenti anche nel sangue periferico e nel sistema nervoso centrale dei pazienti con SLA di tipo 4”.

La possibile correlazione tra le cellule ‘TEMRA’ e la SLA di tipo 4

Dottoressa, all’interno dello studio, si legge di una correlazione tra le cosiddette cellule ‘TEMRA’ e la SLA di tipo 4. Cosa può dirci in merito?

“Si tratta di cellule altamente differenziate. Infatti ‘TEMRA’ in italiano si traduce nel seguente modo: ‘cellule di memoria terminalmente differenziate’. Ciò che è interessante è che queste cellule si espandono principalmente quando è presente una persistenza di un antigene. Nei topi la situazione è chiara, poiché abbiamo potuto constatare che queste cellule cominciano ad espandersi subito prima che emerga la perdita delle capacità motorie. Più, poi, la malattia progredisce più si espandono”.

“C’è dunque nei topi, una netta correlazione tra queste cellule e la progressione della malattia. Nei pazienti è più complicato analizzare questo tipo di  processo perché risulta difficile effettuare uno studio in cui si seguono i pazienti in diversi stadi nella malattia. La possibilità che anche negli umani ci sia la correlazione tra le cellule ‘TEMRA’ e la progressione della patologia esiste comunque. Ovviamente siamo veramente molto interessati a studiare questa eventuale relazione in futuro. Naturalmente ci vorrà del tempo”.

La conclusione dello studio


La conclusione dello studio è dunque il possibile coinvolgimento del sistema immunitario nella diagnosi e nel trattamento della SLA. Se ciò dovesse essere confermato in studi futuri, quali implicazioni potrebbero esserci? Si tratta di una vera e propria svolta nella ricerca di questa terribile malattia?

“Possiamo affermare che l’idea del coinvolgimento del sistema immunitario e in particolare dei linfociti T, nelle malattie neurodegenerative è un qualcosa di relativamente nuovo. Un’idea che è iniziata ad espandersi negli ultimi 5-6 anni. C’è veramente grande fervore perché ciò potrebbe valere anche per altre malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. L’idea è di capire con sicurezza se queste cellule del sistema immunitario abbiano effettivamente un ruolo nelle varie forme della SLA. Se ciò fosse confermato sarebbe una grandissima notizia, poiché il sistema immunitario si può ‘manipolare’ più facilmente rispetto al sistema nervoso centrale”. 

SLA di tipo 4, una ‘forma giovanile’ della sclerosi laterale amiotrofica

Per chiudere, può indicarci le principali differenze la SLA e la SLA di tipo 4? 

“Possiamo affermare che la SLA di tipo 4 è una sorta di ‘forma giovanile’ di quella principale. Questo perché i pazienti con questo tipo di SLA possono presentare sintomi fin dall’infanzia. Generalmente le altre forme invece iniziano a comparire dai 65 anni in poi. Un’altra caratteristica della SLA di tipo 4 è che progredisce molto lentamente. In genere la forma principale di SLA nel giro di 5 anni provoca una grave perdita delle capacità motorie del paziente. Il paziente con SLA di tipo 4 comincia ad avere invece importanti problemi motori intorno ai 50 anni e considerando che in linea di massima l’insorgenza avviene in età infantile/adolescenziale ci si rende conto chiaramente di quanto sia lenta come progressione. Si parla di 35-40 anni di progressione della malattia”.

“L’elemento positivo rispetto alle altre forme di SLA è che in questa il sistema respiratorio non è colpito. Nelle altre forme infatti, i pazienti muoiono per via di questi problemi respiratori. Per fortuna nel caso della SLA di tipo 4, ciò non accade. Sono queste le principali differenze tra SLA di tipi 4 e le altre forme di questa terribile malattia”.

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Laura Campisi
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