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La necessità del vaccino antinfluenzale per il soggetto anziano

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L’esperto Prof. Raffaele Antonelli Incalzi, Direttore UOC Medicina Interna presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e Past President della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, spiega l’importanza del vaccino antinfluenzale per una categoria così delicata come quella degli anziani

Il vaccino antinfluenzale è un preparato che ha lo scopo di evitare che il soggetto vaccinato contragga il virus responsabile dell’influenza stagionale. Il meccanismo avviene attraverso l’effetto ‘stimolante’ del vaccino che consente all’organismo di produrre anticorpi contro il virus influenzale. La necessità e l’importanza di questa tipologia di vaccino aumenta in modo esponenziale quando si parla di categorie più fragili come quella degli anziani. È per questo motivo che Italian Medical News ha deciso di intervistare l’esperto Prof. Raffaele Antonelli IncalziDirettore UOC Medicina Interna presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e Past President della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, il quale ha risposto in maniera chiara ed esaustiva ad una serie di quesiti.

Professore, in tema di personalizzazione delle soluzioni vaccinali rispetto ai gruppi a rischio, ci sono vaccini antinfluenzali più appropriati di altri per gli anziani?

“Innanzitutto bisogna fare una premessa. L’anziano è caratterizzato da un processo di immunosenescenza che rende più debole e anche meno duratura la risposta a qualsiasi antigene. È un soggetto che dunque ha necessità di un vaccino che renda più efficace questa risposta in termini sia di intensità che di durata. In quest’ambito vi sono due strategie: la prima consiste nell’utilizzare un vaccino adiuvato, cioè dotato di un agente inerte che potenzia la risposta immunitaria; la seconda è quella di utilizzare un vaccino ad alto dosaggio, che si differenzia appunto per dosaggio antigenico rispetto a quello standard.

“Proprio in data odierna (7 luglio 2022 [N.d.R]) è stata emessa una circolare ministeriale per la campagna vaccinale 2022-2023, la quale indica come il vaccino ad alto dosaggio sia l’unico il cui uso nelle categorie a rischio sia ammesso già a partire da 60 anni, ferma restando la soglia di 65 anni per la popolazione generale”. 

“Ci sono diverse categorie che hanno un profilo di rischio molto alto”


Qual ‘è la carta d’identità del paziente a cui andrebbe prioritariamente riservato l’uso di vaccini antinfluenzali potenziati? 

“Si tratta in realtà di diverse categorie. Perché l’età in sé certamente si associa con un profilo di rischio, il quale è eterogeneo poiché c’è modo e modo di invecchiare. In ogni caso, è difficile discernere a priori chi avrà una buona e chi una cattiva risposta immunitaria. Sappiamo però che ci sono diverse categorie, identificate da malattie croniche, che hanno un profilo di rischio molto alto. Quando parlo di profilo di rischio intendo dire il rischio di sviluppare complicanze maggiori dall’influenza e che quindi hanno necessità di un supporto vaccinale adeguato“.

“Tra queste ricordo malattie respiratorie come l’asma, la broncopneumopatia cronico ostruttiva e le bronchiectasie. Ma anche malattie come la cirrosi, il diabete mellito, l’insufficienza renale, la malnutrizione e così via. Dunque se lei considera la grande prevalenza di queste patologie, che spesso possono anche coesistere, ci rendiamo conto di quanto amplia sia la platea di soggetti che necessitano di un vaccino ad hoc”.

Lo studio sui residenti delle ‘nursing home’

Quale dovrebbe essere la bussola che orienti la scelta del vaccino antinfluenzale per gli anziani fragili?

“Bisogna necessariamente basarsi sull’opinione e sulle linee guida di agenzie regolatorie, come ad esempio  ‘L’european Centre for Disease Prevention and control – Ecdc’, e anche sulla letteratura naturalmente. Vorrei proprio, riguardo alla letteratura scientifica, citare uno studio molto rilevante, pubblicato nel 2017, che ha una peculiarità. Ovvero quella di aver studiato soggetti residenti nelle ‘nursing home’ americane. Parliamo di circa 54.000 soggetti, quindi uno studio di grande dimensione su persone che per profilo di rischio legato all’età, alla comorbilità, ma anche al rischio stesso di infezione in ambiente comunitario, rappresentano veramente il target ideale di qualunque studio sui vaccini”.

“Ebbene, in questa categoria è stata comparata l’efficacia del vaccino ad alto dosaggio con quella del vaccino a dosaggio standard. Si è constatato un effetto statisticamente significativo del vaccino ad alto dosaggio nel prevenire sia le infezioni sia le ospedalizzazioni legate alle infezioni influenzali e tutte le conseguenti complicanze. Si tratta dunque di un dato di particolare rilievo se si considera che nelle società occidentali questa tipologia di soggetto tende, purtroppo, a divenire una quota percentuale sempre più rilevante della popolazione generale”. 


L’intervista è stata elaborata con il contributo non condizionato di 

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