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L’infiammazione cronica è alleata dell’Alzheimer

Tempo di lettura: 2 minuti

Una condizione di infiammazione cronica predispone all’insorgenza della malattia d’Alzheimer. Il dato emerge da una nuova ricerca pubblicata su ‘Neurology’

Uno stato di infiammazione cronica predispone allo sviluppo della malattia di Alzheimer. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato su ‘Neurology’, che evidenzia come avere infiammazioni croniche tra i 20 e i 30 anni aumenti il rischio di declino delle funzioni cognitive e disturbi della memoria nella mezza età.

La ricerca è opera di scienziati dell’Università della California guidati da Kristine Yaffe. I ricercatori hanno ricavato i dati dal database dello studio CARDIA (acronimo di Coronary Artery Risk Development in Young Adults) che negli USA ha valutato il rischio coronarico in 5.115 giovani adulti. Il team di esperti ha arruolato, per questo studio, 2.364 soggetti con un’età compresa fra 24 e 58 anni, divisi in tre gruppi a seconda del livello di infiammazione che presentavano: elevata, moderata o stabilmente ridotta. I soggetti sono stati divisi in base ai livelli di proteina C reattiva nel sangue, una proteina di origine epatica normalmente utilizzata come indice per verificare lo stato infiammatorio.

A cinque anni dai risultati iniziali, i partecipanti sono stati sottoposti a dei test neuropsicologici per valutare le loro capacità di pensiero e memoria. In particolare i seguenti: NSCT (Number Symbol Coding Task), RVLT (Rey Auditory Verbal Learning Test), DSST (Digit Symbol Substitution Test), MOCA (Montreal Cognitive Assessment) e SCWT (Stroop Interference Test). Nei soggetti con basso livello di infiammazione si è osservata una riduzione delle performance cognitive del 10%. Invece nel gruppo con infiammazione moderata la riduzione è stata del 19%, e del 21% in quelli con infiammazione elevata. Gli ambiti cognitivi maggiormente colpiti sono la rapidità di pensiero e la capacità di pianificazione. In particolare, livelli più alti di PCR sono stati associati a un aumento del 36% del rischio di scarse prestazioni nelle funzioni esecutive.

L’importanza di considerare le fasi del processo di demenza fin dalle prime fasi di vita

“Per quanto negli ultimi anni si sia fatta sempre più strada l’idea del ruolo che la neuroinfiammazione gioca nella neurodegenerazione non ci sono molti dati sul legame tra infiammazione periferica e decadimento cognitivo” commenta il Professor Alessandro Padovani, Presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN). “Ma soprattutto – prosegue l’esperto – la ricerca si è focalizzata sugli anziani e su soggetti dementi, tralasciando popolazioni più giovani e cognitivamente normali. Invece quando si esplorano i determinanti del declino cognitivo è importante considerare le traiettorie del processo dementigeno fin dalle prime fasi della vita. Il monitoraggio dell’infiammazione fatto dai colleghi californiani sottolinea l’importanza di considerare periodi temporali precoci attraverso semplici metodiche come questa.

“Questo approccioconclude Padovani si può associare alla valutazione di altri marcatori immunitari in popolazioni selezionate che sta dando risultati incoraggiati. I progressi nella nostra capacità di misurare la funzione immunitaria a basso costo e su larga scala possono aiutare a chiarire queste relazioni. Ciò ci permette di trasformare sospetti in certezze”.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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